Il consenso informato, ovvero l'atto con cui un medico informa il paziente sui vantaggi, le possibili conseguenze fisiche ed i rischi legati ad un intervento a cui il paziente ha necessità di sottoporsi, è sempre obbligatorio tranne ovviamente nei casi in cui il paziente sia incapace di intendere e di volere oppure in cui ricorrano i presupposti dello stato di necessità, ovvero il paziente non sia in condizione di dare il proprio consenso ad un intervento urgente e indispensabile per salvargli la vita o per evitare gravi danni alla persona.
Il medico e la struttura ospedaliera in cui opera, in mancanza di tale consenso (oppure nei casi in cui il consenso non sia stato validamente espresso) è tenuta a risarcire il danno subito dal paziente. Secondo la Cassazione (sentenza n. 20984/2012) "costituisce omissione, violazione ad hoc ed autonoma fonte di responsabilità, l'aver operato in assenza del consenso informato del paziente". L'inadempimento, però, spiega la Corte, deve "costituire causa o concausa efficiente del danno".
Una sentenza del tribunale di Bari (la numero 3135/2010) ha anche chiarito che il risarcimento da mancato consenso informato può avvenire solo se dalla terapia o dall'intervento chirurgico sono scaturiti danni che hanno peggiorato la situazione clinica del paziente; In sostanza occorre che il paziente dimostri l'esistenza di un danno determinato dalla violazione del suo diritto all'autodeterminazione nella scelta della terapia medica.
Come si legge nella sentenza del tribunale di Bari, "al fine di poter ravvisare la sussistenza del nesso causale tra la lesione del diritto all'autodeterminazione del paziente (realizzatosi mediante l'omessa informazione da parte del medico) e lesione della salute per le incolpevoli conseguenze negative dell'intervento, deve potersi affermare che il paziente avrebbe rifiutato l'intervento ove fosse stato compiutamente informato , giacché, altrimenti, la condotta positiva omessa dal medico (informazione, ai fini dell'acquisizione di un consapevole consenso ) non avrebbe comunque evitato l'evento infausto (lesione della salute)".
In altri termini, si legge in sentenza, "la risarcibilità del danno da lesione della salute che si verifichi per le non imprevedibili conseguenze dell'intervento chirurgico correttamente eseguito "secundum legem artis", ma tuttavia effettuato senza la preventiva informazione del paziente circa i suoi possibili effetti pregiudizievoli, e, dunque, senza un consenso consapevolmente prestato, necessariamente presuppone l'accertamento che il medesimo paziente, quel determinato intervento, avrebbe rifiutato se fosse stato adeguatamente informato".
Un'altra sentenza, questa volta della terza sezione civile della cassazione (la numero 16394/2010), infine chiarito che "la sussistenza del nesso eziologico va indagata non solo in relazione al rapporto di consequenzialità tra intervento terapeutico e pregiudizio della salute, ma - ove sia allegata la violazione del consenso informato - anche in relazione al rapporto tra attività omissiva del medico, per non aver informato il paziente ed esecuzione dell'intervento, tenendo presente che il diritto all'autodeterminazione è diverso dal diritto alla salute".