Populismo, un termine che impazza nei giornali e telegiornali in questi giorni. Ma anche nei vari dibattiti per non farsi mancare proprio nulla.
Bene. Quanti di noi sanno cosa realmente significa? E perché dobbiamo averne così tanta paura?
Partiamo con la prima domanda. Populismo ha assunto, dacché Grillo è sceso in campo politico, una accezione insolitamente negativa, quasi dispregiativa. Letta e i suoi fedeli la utilizzano per indicare una forma di politica deprecabile e tutta volta a fermare l'adesione dell'Italia alle Ue. Orbene, sarebbe il caso che i nostri cari politicanti si impegnassero a governare in primis, e in secundis a dare una rispolverata al dizionario.
Populismo non significa demagogia, notiziona. Bensì nella sua accezione originaria indicava una corrente intellettuale e politica (pensate che in quei tempi spesso corrispondevano, oiboh!) del XIX secolo, sbocciate nel bacino russo, che si "proponeva di raggiungere un miglioramento delle condizioni di vita delle classi diseredate, specialmente dei contadini e dei servi della gleba" (Dizionario Treccani).
Il termine è evoluto con i tempi, mantenendo però l'idea di base di stare dalla parte del popolo e non di una stretta cerchia elitaria. Prendo in prestito le parole di Wikipedia (enciclopedia populista per antonomasia): "Populista, oggi, è piuttosto chi accetta come unica legittimazione per l'esercizio del potere politico quella derivante dal consenso popolare. Tale legittimazione è considerata unica e di per sé sufficiente a legittimare un superamento dei limiti di diritto posti, dalla Costituzione e dalle leggi, all'esercizio del potere politico stesso. Il termine non ha alcun legame con una particolare ideologia politica (destra o sinistra) e non implica un raggiro del popolo (come al contrario implica la demagogia), ma anzi presuppone un consenso effettivo del popolo stesso."
Ecco, io queste parole le stamperei, imbusterei e consegnerei a tutti i nostri rappresentanti politici, anche i pochi che il significato lo conoscono già, tanto per rinfrescarsi la memoria.
Perché allora criticare se si vuole fare politica "populista"? Perché ovviamente il populismo annullerebbe i privilegi della casta, che ormai ha stufato tutti i cittadini tasse-paganti. Una casta che pare realmente la corte di Re Sole-Napolitano, come nell'immaginifico sketch di Crozza: priva di potere decisionale e aggrappata a privilegi che si arroga ma che non merita. Ecco, il unto di tutto. I nostri politici sono realmente convinti che il potere sia stato loro trasmesso per potere divino? Oppure ogni tanto si ricordano che gli elettori sono il popolo?
Noi dunque non dobbiamo temere pensieri populisti, quanto invece i pensieri e le azioni anti-populiste dei nostri governanti. Criticare gli attacchi anti-Ue ha poco senso, bisognerebbe concentrarsi sul fare qualcosa che soddisfi noi contribuenti. Qualcosa che ci faccia intravvedere un lumino in fondo a questo tunnel che è l'austerity.
E ancora una volta mi trovo in accordo con Brunetta nella sua critica all'anti-populismo bipartisan...mi devo preoccupare?
barbaralgsordi@gmail.it