di Marco Massavelli - Corte di Cassazione Civile, Sezione Lavoro, sentenza n. 24989 del 6 novembre 2013. È legittimo licenziamento per giusta causa dell'insegnante che critica aspramente e apertamente ai genitori la scuola dove lavora visto che le critiche mosse possono provocare gravi danni al datore di lavoro. E' il principio di diritto stabilito dalla Corte di Cassazione Civile, Sezione Lavoro, con la sentenza 6 novembre 2013, n. 24989.
Dagli atti di causa emergeva che all'insegnante era stato addebitato di aver affermato, parlando con alcuni genitori, che l'istituto presso il quale lavorava era notevolmente inadeguato e che le insegnanti erano didatticamente impreparate sotto ogni profilo, suggerendo anche di iscrivere gli alunni altrove. Inoltre le era stato addebitato di aver dichiarato, al cospetto di terzi, che il Commissario straordinario non era in grado di gestire alcunché e che, con una telefonata a persone altolocate, lo si poteva mettere a tacere.
Tali comportamenti, in piena evidenza gravemente lesivi del decoro e della reputazione dell'Istituto scolastico nel suo complesso e direttamente del suo Commissario straordinario, sono stati correttamente qualificati come integranti una violazione dei doveri fondamentali ed elementari di fedeltà e correttezza che gravano su un lavoratore in quanto in alcun modo possono essere ricondotti ad una legittima critica anche dell'operato del datore di lavoro per la loro offensività e per i termini utilizzati, tanto da culminare nel suggerimento ad alcuni genitori di iscrivere altrove i loro figli, con potenziale gravissimo pregiudizio per l'Istituto scolastico. Si tratta di inadempienze così plateali, gravi e radicalmente lesive di obblighi alla base del rapporto di lavoro e della correlata fiducia tra le parti, da non necessitare di alcuna pubblicità disciplinare essendo intuitivo il dovere di evitare simili comportamenti, derivante direttamente dalla legge.
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