di Marco Massavelli - Corte di Cassazione Civile, Sezione Lavoro, sentenza n. 25311 del 11 novembre 2013. Nei normali obblighi di correttezza e di diligenza a cui il dipendente si deve attenere, rientra anche quello di assicurarsi che i propri impedimenti nell'espletamento della prestazione lavorativa non determino un pregiudizio organizzativo al datore di lavoro. Questo pregiudizio potrebbe derivare anche dal legittimo affidamento in ordine alla supposta effettiva ripresa della prestazione lavorativa. E' quanto ha stabilito la Corte di Cassazione Civile, Sezione Lavoro, con la sentenza
11 novembre 2013, n. 25311.La Corte chiarisce anche che l'obbligo di rendere la prestazione rientra tra i doveri fondamentali (e non accessori) del lavoratore in aderenza del dettato legislativo, di cui all'articolo 2104, codice civile, e della logica comune. Ne consegue che, ai fini della legittimità del licenziamento disciplinare intimato per assenza ingiustificata dal lavoro, è conforme alla consolidata giurisprudenza della Corte di cassazione la statuizione della sentenza
di merito secondo cui non è necessaria, per poter validamente contestare la suddetta infrazione, l'affissione del codice disciplinare, trattandosi di una condotta sanzionata direttamente dalla legge, cosi come è corretta la statuizione secondo cui, nella suindicata ipotesi, non occorre accertare se l'assenza del lavoratore abbia o meno nuociuto all'organizzazione aziendale, considerato che l'esistenza di un danno non è elemento costitutivo della fattispecie di inadempimento che legittima il licenziamento.Nella specie, è stato dichiarato legittimo il licenziamento per il dipendente che va in vacanza senza permesso e pienamente cosciente che manca personale, visto il periodo estivo. La garanzia prevista dall'articolo 7, comma 1, legge 20 maggio 1970, n. 300, di pubblicità del codice disciplinare mediante affissione in luogo accessibile a tutti, non trova applicazione, per le sanzioni disciplinari, anche conservative, in tutti i casi nei quali il comportamento sanzionato sia immediatamente percepibile dal lavoratore come illecito, perché contrario al c.d. minimo etico, ai doveri fondamentali connessi al rapporto di lavoro ovvero all'inserimento del lavoratore nella struttura e nell'organizzazione dell'impresa del datore di lavoro, ovvero a norme di rilevanza penale, in quanto il lavoratore può ben rendersi conto della illiceità della propria condotta.
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