di Licia Albertazzi - Corte di Cassazione Civile, sezione lavoro, sentenza n. 27128 del 4 Dicembre 2013. Nel pubblico impiego vige la regola generale secondo la quale l'intero procedimento disciplinare nei confronti dei dipendenti (quindi, verso il solo personale non dirigenziale; la responsabilità dirigenziale è questione diversa rispetto a quella disciplinare) si svolge all'interno della stessa pubblica amministrazione. Tale procedimento è di competenza di un ufficio preposto, previsto per legge. Sempre di competenza di quest'ufficio è l'irrogazione delle corrispondenti sanzioni disciplinari, ad eccezione del rimprovero verbale e la censura. Tale statuizione è contenuta nel d. lgs. 165/2001 ("norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche"), all'articolo 55. Questa disciplina è stata ora novellata dal d. lgs. 150/2009, non applicabile al caso di specie poiché verificatosi in periodo antecedente la sua entrata in vigore. La normativa citata, per stessa previsione legislativa, ha carattere inderogabile; ne consegue che essa non può essere modificata nemmeno dalla contrattazione collettiva, salvo ipotesi specifiche.

Nel caso in oggetto, coinvolgente un medico e la struttura sanitaria pubblica di appartenenza, il primo impugnava il licenziamento intimatogli dalla seconda poiché il relativo procedimento disciplinare - sfociato nell'irrogazione della massima sanzione prevista - sarebbe stato tenuto non dall'ufficio preposto, così come previsto per legge (Ufficio Procedimenti Disciplinari) ma dal Direttore Generale. Rigettata la domanda nel merito, il medico licenziato ricorre in Cassazione.

Ricorda la Corte come nel pubblico impiego contrattualizzato e, per ciò che qui interessa, anche in ambito di sanitario, trova attuazione la normativa di cui sopra; il giudice del merito ha errato nell'esegesi normativa, integrando violazione di legge. Di conseguenza, "il procedimento instaurato da un soggetto diverso al predetto ufficio è illegittimo e la sanzione è affetta da nullità". Il ricorso del medico è accolto e la Suprema Corte rinvia per la decisione al giudice d'appello.


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