di Licia Albertazzi - Corte di Cassazione Civile, sezione lavoro, sentenza n. 27522 del 10 Dicembre 2013. Nell'ambito di una controversia vertente circa l'entità del premio assicurativo versato dall'Inail a favore dei superstiti di un operaio impiegato all'Ilva, la Suprema Corte enuncia un importante principio: il vizio del fumo, accertato in corso di causa, non è idoneo ad interrompere il nesso causale sussistente tra l'esposizione continua all'amianto da parte dell'operaio e la patologia neoplastica contratta che lo ha condotto al decesso.
Soffermandosi prima su aspetti strettamente assicurativi, secondo cui "la "spesa dell'assicurazione" è soltanto la spesa effettiva (…) ed i premi sono imposti al datore di lavoro, in funzione esclusiva del finanziamento della medesima spesa e del conseguente equilibrio finanziario della gestione, a prescindere da qualsiasi considerazione relativa alla colpa degli stessi datori di lavoro", confermando che tra gli oneri assicurativi rientrano sicuramente quelli relativi agli infortuni sul lavoro (infatti, "l'intero sistema finanziario dell'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali poggia sul principio di proporzionalità dei contributi alla pericolosità o sinistrosità dell'attività esercitata dall'imprenditore") la Cassazione si sofferma compiutamente su una specifica doglianza: il vizio di motivazione della sentenza impugnata poiché, a dire del ricorrente, il giudice del merito non avrebbe tenuto adeguatamente conto di tutti gli elementi probatori.
L'analisi probatoria - per tutto ciò che concerne le modalità di assunzione e l'attendibilità delle prove stesse - è attività esclusivamente riservata al giudice del merito, il quale deve dare riscontro del proprio convincimento, risultato di correlazione tra elementi uniti da un determinato processo logico, nella motivazione della decisione. La Cassazione deve verificare la ragionevolezza e la completezza di tale motivazione e, ove essa vada esente da vizi formali, non può certo sindacarne la sostanza. Nel caso di specie il giudice di merito ha correttamente motivato la soluzione adottata, prendendo in esame tutte le circostanze del caso (tra le quali l'esposizione prolungata all'amianto); così che sarebbe stato raggiunto un ragionevole grado di certezza di correlazione tra l'esposizione continuata e l'insorgere della malattia neoplastica, non rilevando allo stato la circostanza che il lavoratore fosse anche un accanito fumatore.
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