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'Le cose lontane che non si possono neppure sognare si dimenticano' scriveva Sergio Quinzio, ed è per questo che quando un amore finisce ciascuno deve prendere la sua strada e mantenersi a debita distanza dalla persona con cui si è condiviso parte della propria vita.
Quasi sempre è l'uomo che in caso di separazione se ne deve andare e lasciare a moglie e figli la casa coniugale. ma è inevitabile che in questo caso si debbano affrontare spese maggiori se non altro per il fatto che c'è un canone di locazione in più da pagare.
Occupandosi ancora una volta della questione relativa alla misura dell'assegno di divorzio la Corte di Cassazione (sentenza n. 22950 del 13 dicembre 2012) si è occupata del caso di una coppia che aveva una casa in comproprietà. Dopo il crac matrimoniale lui si era dovuto trasferire in un nuovo alloggio.
Come emerge dalla ricostruzione dei fatti operata dalla Suprema Corte, un uomo di Trapani aveva deciso di separarsi dalla moglie dopo quasi 50 anni di vita insieme. Nel giudizio per lo scioglimento degli effetti civili del matrimonio (divorzio) l'uomo veniva condannato a versare per il mantenimento della moglie un assegno pari ad Euro 671,00 inoltre, alla moglie veniva riconosciuta l'assegnazione della casa familiare.
La Corte d'appello di Palermo, però, riduceva il suddetto assegno ad Euro 250,00, in considerazione del fatto che l'uomo era andato a vivere in una casa in affitto.
La moglie proponeva ricorso in Cassazione ma la prima sezione civile della Suprema Corte, con sentenza n.22950/12, respingeva il ricorso aderendo alle argomentazioni dei giudici di appello che avevano ridotto l'assegno non solo perché l'uomo sosteneva spese ulteriori per pagare il canone di locazione di un nuovo immobile ma anche perché lo stesso per la ristrutturazione della casa, assegnata alla moglie, aveva anticipato due erogazioni pari ad euro 23 mila e a 10 mila.
In buona sostanza, la Corte d'Appello pur avendo sostenuto che la donna con i propri redditi, non riusciva a mantenere il precedente tenore di vita prendeva in considerazione altri aspetti quali: godimento esclusivo da parte della donna dell'immobile in comproprietà, le documentate esposizioni debitorie dell'obbligato tra cui la locazione di una nuova abitazione e poi i considerevoli anticipi versati per la ristrutturazione della casa.
Sulla scorta di queste argomentazioni, gli Ermellini rigettavano il ricorso e condannavano il ricorrente al pagamento delle spese processuali del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 1.200, di cui Euro 1.000 per compensi, oltre accessori di legge.