di Licia Albertazzi - Corte di Cassazione Civile, sezione terza, sentenza n. 28614 del 20 Dicembre 2013. Il creditore può utilizzare il medesimo titolo esecutivo per generare più di un procedimento; può, ad esempio, notificare un secondo precetto basato sullo stesso credito, a condizione tuttavia che la prima procedura esecutiva non si sia ancora conclusa. Nel caso di specie, il debitore si oppone alla procedura di rilascio di immobile iniziata dal creditore poiché già pendente analoga procedura, iniziata tempo prima. Il tribunale competente rigetta l'opposizione fondata su tale eccezione e il debitore propone ricorso per saltum alla Corte di Cassazione. Secondo il ricorrente il secondo processo esecutivo sarebbe da dichiarare improcedibile.
Secondo la Suprema Corte "la pendenza del procedimento esecutivo non preclude né rende inutile la reiterazione dell'atto processuale che vi dà inizio e, in funzione di questo, il compimento degli atti prodromici necessari, al fine di porre al riparo la concreta attuazione della pretesa esecutiva dai possibili insuccessi conseguenti agli eventuali vizi dei precedenti atti"; una ragione chiara e precisa che rende possibile iniziare e condurre contemporaneamente più procedimenti esecutivi fondati sul medesimo titolo, salvo il raggiungimento - in almeno una occasione - del risultato previsto. Infatti "il diritto di agire in executivis non viene meno se non con la completa soddisfazione del credito portato dal titolo esecutivo e consente al creditore di valersi cumulativamente di diversi mezzi di espropriazione forzata con l'unico limite di non incorrere nell'abuso dei mezzi di espropriazione e fatto salvo l'intervento del giudice ex art. 483 Cpc, mentre la riunione dei procedimenti evita danni al debitore". Il legislatore ha previsto altresì il mezzo della riunione dei procedimenti per evitare appunto la lesione ingiustificata di interessi del debitore. Non ravvisandosi motivazioni valide, il ricorso è rigettato e l'opposizione definitivamente negata.
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