L'articolo 186 del codice della strada vieta la guida in stato di ebbrezza dovuta all'uso di bevande alcoliche. Poiché il reato è contravvenzionale, esso è punibile anche a titolo di colpa. Ne consegue che la mancanza di diligenza incide sulla valutazione della colpevolezza dell'agente, il quale deve evitare di assumere bevande alcoliche quando esse possono avere una pericolosa sinergia con eventuali altre sostanze assunte precedentemente o in modo concomitante.
Dunque l'assunzione di "bevande" in ogni caso non è consentita quando vi è il pericolo che, in sinergia con altre sostanze, si determini il pericolo per la incolumità pubblica connesso all'ebbrezza alcolica.
Corte di Cassazione, , 17 gennaio 2014, n. 1882
Presidente Brusco - Relatore Izzo
Ritenuto in fatto
1. Con sentenza del 1842013 la Corte di Appello di Torino confermava la pronuncia di condanna di primo grado con la quale V.C. era stato condannato per la contravvenzione di cui all'art. 186, lett. b), C.d.S. per guida in stato di ebbrezza di un'auto Audi 4, con tasso alcolemico rilevato di gl 1,31 e 1,24 (acc. in Alba il 28102008). Con la sentenza di appello la pena irrogata veniva ridotta e sostituita con il lavoro di pubblica utilità.
2.1. la erronea applicazione della legge per avere il giudice di merito confermato la condanna ritenendo applicabile la norma di divieto anche alla mera inalazione di fumi di alcool (che l'imputato assumeva in quanto enologo), superando la letterale tassatività dell'art. 186, ove la punibilità del fatto è ancorata all'uso di "bevande" alcoliche. L'interpretazione data dalla Corte di merito alla disposizione e l'assimilazione della condotta illecita all'inalazione di fumi, vulnerava il principio di legalità ed il suo corollario di determinatezza e tassatività; nonché integrava una violazione del principio di colpevolezza, laddove il preteso minimo coefficiente psichico di colpa, non può prescindere dalla conoscibilità di un preciso precetto, violando il quale si incorre nella sanzione penale.
2.2. la erronea applicazione della legge laddove, anche a voler ammettere esserci stata una sinergia tra l'assunzione di un paio di bicchieri di vino e l'inalazione di fumi, a cui era esposto l'imputato per l'attività di lavoro svolta, era necessario distinguere la incidenza delle due diverse assunzioni di alcool, al fine di determinare quale fosse la entità del tasso alcolemico riferibile alle bevande.
Considerato in diritto
3. Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.
Va premesso che l'art. 186 vieta la guida in stato di ebbrezza dovuta all'uso di bevande alcoliche. Poiché il reato è contravvenzionale, esso è punibile anche a titolo di colpa. Ne consegue che la mancanza di diligenza incide sulla valutazione della colpevolezza dell'agente, il quale deve evitare di assumere bevande alcoliche quando esse possono avere una pericolosa sinergia con eventuali altre sostanze assunte precedentemente o in modo concomitante.
Nel caso di specie, con coerente e logica motivazione, il giudice di merito ha evidenziato che era certo che l'imputato avesse assunto bevande alcoliche, tenuto conto delle sue stesse dichiarazioni. Pertanto ininfluente era che, come enologo, avesse nel corso dell'attività di lavoro inalato fumi di alcol, in quanto considerata la prevedibilità della inalazione, regole di diligenza gli avrebbero dovuto consigliare di non assumere alcol per via orale, onde evitare la sinergia tra le sostanze. Peraltro, le sentenze di merito evidenziano come lo stato di ebbrezza sia stato rilevato alle ore 01,30, pertanto a rilevante distanza di tempo dalla cessazione dell'attività lavorativa, ponendo quindi in dubbio la stessa circostanza di fatto posta alla base della tesi difensiva sostenuta dall'imputato.
Va in ogni caso rilevato che le sentenze di merito non violano in alcun modo il principio di legalità, in quanto non viene in alcun modo equiparata l'assunzione di "bevande" alla inalazione di fumi di alcol; in esse si attribuisce rilievo alla circostanza che l'assunzione di "bevande" in ogni caso non è consentita quando vi è il pericolo che, in sinergia con altre sostanze, si determini il pericolo per la incolumità pubblica connesso all'ebbrezza alcolica.
Tale condotta negligente, posta in essere da persona che, per la professione che svolge, ha coscienza della inalazione dei fumi di alcol, rende il comportamento rimproverabile, dal che la sussistenza dell'ulteriore elemento costitutivo del reato quale è la "colpevolezza".
Segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Dott. Luigi Del Giudice