di Marco Massavelli - Va riconosciuto il diritto al risarcimento dei danni patrimoniali e morali a tutti i parenti conviventi della vittima di un incidente stradale mortale: per il ristoro devono essere valutati "l'an e il quantum" del danno de quo compresi nella domanda introduttiva del giudizio.
È il principio stabilito dalla terza sezione civile della Corte di Cassazione, con la sentenza 22 gennaio 2014, n. 1216, che ha riconosciuto il risarcimento dei danni, comprensivi sia dei pregiudizi patrimoniali che di quelli morali, derivanti dalla perdita del congiunto (c.d. "danni da perdita parentale") ai genitori, alla sorella, ai nonni e ai cugini conviventi con la vittima del sinistro stradale, tenendo conto delle richieste risarcitorie effettuate dagli stessi nella domanda giudiziale introduttiva, nella quale veniva invocato il risarcimento di tutti i danni materiali e morali, "come tali dovendosi intendere (attesane la evidente alterità, logica lessicale e topografica, rispetto ai pregiudizi patrimoniali), proprio quei danni non patrimoniali derivanti dalla lesione di interessi e valori costituzionalmente tutelati, contemplati dall'art. 2059 c.c.".
In particolare, affermando che il danno non patrimoniale comprende "tanto il danno morale soggettivo quanto quello derivante dalla lesione di altri diritti di rango costituzionale, fra i quali quello alla intangibilità degli affetti e della reciproca solidarietà nell'ambito della famiglia ed alla inviolabilità della libera e piena esplicazione delle attività realizzatrici della persona umana nell'ambito della peculiare formazione sociale costituita dalla famiglia", la Corte ha ribadito il concetto di unitarietà del danno non patrimoniale, quale categoria omnicomprensiva delle diverse voci elaborate dalla dottrina e dalla giurisprudenza, riconducendolo nell'alveo dell'art. 2059 c.c.
Ne consegue che le tipologie di danno per il risarcimento da sinistro stradale mortale, in favore dei parenti conviventi, comprendono:
- I danni non patrimoniali di cui all'art. 2059 c.c., per i reali perturbamenti (morali soggettivi e derivanti dalla lesione di interessi e valori costituzionalmente tutelati) subiti dai familiari e parenti conviventi della vittima, la cui quantificazione economica è da valutare, sulla base dei criteri orientativi e delle tabelle pubblicate dai tribunali, in considerazione di diversi fattori (rapporto di parentela; età del defunto; età del congiunto; convivenza; composizione nucleo familiare; ecc.);
- I danni patrimoniali che ricomprendono i c.d. "danni emergenti" (ovvero la perdita economica subita dai prossimi congiunti per gli esborsi sostenuti a causa dell'evento morte del parente che in genere riguardano le spese mediche, ospedaliere, specialistiche, di trasporto e funerarie) e il c.d. "lucro cessante", cioè il mancato apporto economico del defunto al bilancio familiare, a causa della sua morte, derivante da fatto illecito altrui. Il lucro cessante si baserà sul reddito annuo percepito dal defunto al momento della morte.
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È il principio stabilito dalla terza sezione civile della Corte di Cassazione, con la sentenza 22 gennaio 2014, n. 1216, che ha riconosciuto il risarcimento dei danni, comprensivi sia dei pregiudizi patrimoniali che di quelli morali, derivanti dalla perdita del congiunto (c.d. "danni da perdita parentale") ai genitori, alla sorella, ai nonni e ai cugini conviventi con la vittima del sinistro stradale, tenendo conto delle richieste risarcitorie effettuate dagli stessi nella domanda giudiziale introduttiva, nella quale veniva invocato il risarcimento di tutti i danni materiali e morali, "come tali dovendosi intendere (attesane la evidente alterità, logica lessicale e topografica, rispetto ai pregiudizi patrimoniali), proprio quei danni non patrimoniali derivanti dalla lesione di interessi e valori costituzionalmente tutelati, contemplati dall'art. 2059 c.c.".
In particolare, affermando che il danno non patrimoniale comprende "tanto il danno morale soggettivo quanto quello derivante dalla lesione di altri diritti di rango costituzionale, fra i quali quello alla intangibilità degli affetti e della reciproca solidarietà nell'ambito della famiglia ed alla inviolabilità della libera e piena esplicazione delle attività realizzatrici della persona umana nell'ambito della peculiare formazione sociale costituita dalla famiglia", la Corte ha ribadito il concetto di unitarietà del danno non patrimoniale, quale categoria omnicomprensiva delle diverse voci elaborate dalla dottrina e dalla giurisprudenza, riconducendolo nell'alveo dell'art. 2059 c.c.
Ne consegue che le tipologie di danno per il risarcimento da sinistro stradale mortale, in favore dei parenti conviventi, comprendono:
- I danni non patrimoniali di cui all'art. 2059 c.c., per i reali perturbamenti (morali soggettivi e derivanti dalla lesione di interessi e valori costituzionalmente tutelati) subiti dai familiari e parenti conviventi della vittima, la cui quantificazione economica è da valutare, sulla base dei criteri orientativi e delle tabelle pubblicate dai tribunali, in considerazione di diversi fattori (rapporto di parentela; età del defunto; età del congiunto; convivenza; composizione nucleo familiare; ecc.);
- I danni patrimoniali che ricomprendono i c.d. "danni emergenti" (ovvero la perdita economica subita dai prossimi congiunti per gli esborsi sostenuti a causa dell'evento morte del parente che in genere riguardano le spese mediche, ospedaliere, specialistiche, di trasporto e funerarie) e il c.d. "lucro cessante", cioè il mancato apporto economico del defunto al bilancio familiare, a causa della sua morte, derivante da fatto illecito altrui. Il lucro cessante si baserà sul reddito annuo percepito dal defunto al momento della morte.
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