di Licia Albertazzi - Corte di Cassazione Civile, sezione terza, sentenza n. 2610 del 5 Febbraio 2014. L'avveramento della condizione di cui all'art. 2847 codice civile (estinzione di ipoteca a seguito di mancato rinnovo della stessa entro il ventennio di legge), sopravvenuta nel corso del processo esecutivo incardinato dal creditore ipotecario (nella specie, una società creditizia cessionaria di un credito da parte di una banca) ha il solo effetto di privare il creditore procedente della sua legittima causa di prelazione; non viene meno né la validità del precetto, né conseguentemente la regolarità del pignoramento effettuato.
La massima di cui sopra è stata espressa dalla Suprema Corte, chiamata a pronunciarsi circa il ricorso presentato dalla summenzionata società di credito, a seguito di eccezione sollevata dal debitore esecutato in sede di opposizione all'esecuzione. La Cassazione ha accolto il ricorso, cassando la sentenza del Tribunale che, riconoscendo il decorso del ventennio di legge, ha erroneamente dedotto la nullità sia del precetto che del pignoramento. I tre concetti di credito, titolo esecutivo e causa di prelazione devono infatti tenersi ben separati: essi sono autonomi gli uni dagli altri e il venir meno di uno non implica necessariamente la cessazione degli effetti degli altri. In particolare, in questo caso, il credito non cessa di esistere per il solo fatto che l'ipoteca (a garanzia del credito) sia estinta; viene meno soltanto la causa di prelazione che l'iscrizione d'ipoteca garantiva al creditore. Dunque, titolo esecutivo e titolo ipotecario sono concetti ben distinti. La sentenza è cassata con rinvio e il giudice di merito dovrò riesaminare la questione alla luce del principio di diritto sopra esposto.
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