di Licia Albertazzi - Corte di Cassazione Civile, sezione seconda, sentenza n. 3803 del 18 Febbraio 2014. E' possibile, in circostanze particolari, derogare al limite di distanza minima tra edifici? Secondo l'art. 9 del d.m. 1444/1968 ultimo comma ("sono ammesse distanze inferiori a quelle indicate nei precedenti commi, nel caso di gruppi di edifici che formino oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni planovolumetriche") prevede distanze diverse dai dieci metri di legge. L'applicazione di tale disposto è tuttavia subordinato a presupposti ben precisi. Nel caso in oggetto alcuni soggetti residenti in un fabbricato adiacente il condominio contestato proponevano azione di risarcimento del danno nei confronti del costruttore dello stesso, al quale veniva contestato di aver edificato in violazione di suddetti limiti. Se in primo grado il giudice respingeva la domanda attorea, la Corte d'Appello riteneva invece inapplicabile la deroga prevista all'articolo sopra citato, quindi condannava i convenuti alla demolizione della parte di condominio costruita in violazione di legge. Avverso tale statuizione gli interessati, condominio e costruttore, proponevano ricorso in Cassazione.
La Suprema Corte conferma l'interpretazione operata dal giudice di secondo grado, affermando che il condominio oggetto di controversia sorge in una zona, qualificata dal Piano regolatore generale - ora denominato piano di governo del territorio - come "zona urbana di trasformazione", per la quale sono espressamente previsti, "indipendentemente dallo stato di fatto", "interventi di radicale ristrutturazione urbanistica e di nuovo impianto". Secondo la Corte lo Studio Unitario d'Ambito (SUA) non può essere equiparato, nemmeno per analogia, ad un piano particolareggiato, né ad una lottizzazione convenzionata. Non sussistendo dunque i presupposti di applicazione di distanza in deroga, il ricorso viene rigettato e la sentenza d'appello confermata.
Vai al testo della sentenza 3803/2014