Corte di Cassazione, sezione III penale, sentenza 10 febbraio 2014 n. 7058.
"E' inammissibile l'istanza di rinvio dell'udienza per concomitante impegno del difensore trasmessa via telefax, poichè l'art. 121 c.p.p. stabilisce l'obbligo per le parti di presentare le memorie e le richieste rivolte al giudice mediante deposito in cancelleria, mentre il ricorso al telefax è riservato ai funzionari di cancelleria ai sensi dell'art. 150 c.p.p (Sez. 6, n. 28244 del 30/01/2013).
Ad affermalo è la Suprema Corte di Cassazione che, in verità, ribadisce un principio ormai consolidato nella giurisprudenza di legittimità.
Nel caso in esame, la comunicazione dell'istanza di rinvio era, invero, avvenuta mediante l'indirizzo di posta elettronica "privata" del difensore e non già a mezzo di posta elettronica certificata.
Sul punto osserva la Corte che «a differenza di quanto previsto per il processo civile, - nel processo penale tale forma di trasmissione, per le parti private, non sarebbe stata comunque idonea per comunicare l'impedimento. Ed invero, nel processo civile l'art. 366 c.p.c., comma 2, (cosi come previsto dalla L. 12 novembre 2011, n. 183, che ha modificato la L. n. 53 del 1994), ha introdotto espressamente la PEC quale strumento utile per le notifiche degli avvocati autorizzati.
Già il D.M. n. 44 del 2011 aveva disciplinato con maggiore attenzione l'invio delle comunicazioni e delle notifiche in via telematica dagli uffici giudiziari agli avvocati e agli ausiliari del giudice nel processo civile, in attuazione della L. 6 agosto 2008, n. 133, art.«Ne consegue, pertanto, che per la parte privata, nel processo penale, l'uso di tale mezzo informatico di trasmissione non è - allo stato - consentito quale forma di comunicazione e/o notificazione».
Altri articoli della Dott. Sabrina Caporale