di Licia Albertazzi - Corte di Cassazione Civile, sezione lavoro, sentenza n. 6230 del 18 Marzo 2014. In relazione al disposto di cui all'art. 2095 codice civile (categorie dei prestatori di lavoro) se il contratto collettivo di lavoro nulla prevede in merito alla definizione di "qualifica dirigenziale", allora è lecito supplire al vuoto normativo con l'interpretazione giurisprudenziale. E' ciò che è accaduto nella sentenza in oggetto, relativa al demansionamento di un giornalista rivestente il ruolo di direttore di testata. Lo stesso aveva infatti proposto domanda di risarcimento del danno avverso il proprio datore di lavoro per danno alla professionalità.
Al di là delle altre questioni sollevate, sarà utile soffermarsi su una questione particolare. Secondo la Suprema Corte il ruolo rivestito all'interno di una gerarchia aziendale va qualificato sulla base di determinati indicatori, quali l'autonomia e la discrezionalità possedute nell'adozione delle decisioni, l'assenza di dipendenza gerarchica e l'ampiezza delle funzioni. In definitiva un dirigente è qualificato tale quando le sue decisioni organizzative sono in grado di influire in modo determinante sull'assetto complessivo dell'azienda; resta invece irrilevante la presenza di accordi, intervenuti in sede di assunzione, relativamente alla riserva di poteri direttivi e programmatici conservati in capo all'editore. La giurisprudenza adotta criteri di tipo sostanziale, applicando il principio della prevalenza della sostanza sulla forma, in questo caso sulla forma del contratto
di lavoro. Appartiene infatti sempre al datore di lavoro il potere generale di emanare direttive di indirizzo e orientamento della politica aziendale, alle quali il dirigente è tenuto a conformarsi; non essendo tuttavia le stesse idonee ad incidere sulle attribuzioni proprie del dirigente in merito al governo aziendale, nonché circa la scelta dei mezzi produttivi da attuare. E il venir meno di questi poteri, propri della figura dirigenziale, è senza dubbio idonea ad integrare la figura del demansionamento, quindi a fondare la pretesa risarcitoria dell'interessato. Circostanza che non si è verificata nel caso in oggetto; avendo correttamente il giudice del merito rilevato la sussistenza di tutti gli elementi sopra descritti. Il ricorso è rigettato.Vai al testo della sentenza 6230/2014