La Corte di Cassazione, con sentenza n. 7108 del 26 marzo 2014, ha affermato che è da ritenersi corretta l'esclusione della giusta causa o del giustificato motivo di licenziamento qualora non risultino dagli atti del giudizio elementi di prova che dimostrino le assenze ingiustificate asserite dal datore, intese nella loro materialità.
In particolare la Suprema Corte ha ricordato che "il datore di lavoro, su cui a norma dell'art. 5 della legge n. 604 del 1966 grava l'onere della prova della giusta causa o del giustificato motivo di licenziamento, può limitarsi, nel caso in cui la giusta causa sia costituita dalla assenza ingiustificata del lavoratore dal servizio, nella sua valenza di inadempimento sanzionabile sul piano disciplinare, a provare l'assenza nella sua oggettività, mentre grava sul lavoratore l'onere di provare gli elementi che possono giustificare l'assenza e in particolare la sua dipendenza da causa a lui non imputabile."
Tuttavia "solo la pacifica verificazione dell'assenza esonera il datore di lavoro all'onere della prova impostogli dall'art. 5 della citata legge (comportando, dall'altra parte, che il lavoratore inadempiente possa liberarsi della responsabilità provando la non imputabilità della mancata prestazione).".
Nella specie - evidenziano i giudici di legittimità - non risultano dagli atti del giudizio elementi di prova che dimostrino le assenze asserite dal datore, intese nella loro materialità, essendo peraltro tali assenze contestate nel processo dal lavoratore. Né può ritenersi sufficiente a dimostrare le assenze la mera indicazione delle stesse nell'atto di contestazione disciplinare, restando altresì irrilevante la mancata adduzione di giustificazioni da parte del lavoratore in sede disciplinare.