di Licia Albertazzi - Corte di Cassazione Civile, sezione terza, sentenza n. 7704 del 2 Aprile 2014.
Gli eredi di un paziente, deceduto a seguito di impianto di valvola mitralica non funzionante, hanno proposto azione di risarcimento del danno nei confronti del medico che ha curato l'operazione chirurgica, il quale, a sua volta avrebbe chiamato in causa l'azienda produttrice di detta valvola.
A seguito di tale operazione e prima del decesso, il marito della vittima avrebbe dovuto rinunciare al proprio impiego al fine di assistere la moglie, ridotta in stato di coma vegetativo. Il giudice di primo grado, dopo aver disposto consulenza tecnica d'ufficio volta a verificare l'effettivo malfunzionamento del dispositivo, rigettava la domanda risarcitoria. Tale decisione veniva confermata anche in appello e gli interessati proponevano ricorso in Cassazione.
La Suprema Corte ricorda ancora una volta come, in definitiva, non è possibile nel giudizio di legittimità spingere il sindacato su questioni attinenti il merito. Se, nella sentenza impugnata, il giudice del merito, nell'adottare la propria decisione, ha correttamente e compiutamente motivato la propria scelta e i criteri adottati nel procedimento logico non risultano irragionevoli, i ricorrenti, in sede di legittimità, non possono in alcun altro modo sindacare tali scelte se non a mezzo degli strumenti della violazione di legge e del difetto di motivazione.
Non risulta infatti violato né il criterio dell'onere della prova di cui all'art. 2697 cod. civ. né è ravvisabile alcun difetto di motivazione. I ricorrenti si sono limitati a riproporre doglianze già presentate nei precedenti gradi di giudizio, senza tener conto della natura e del ruolo peculiare svolto dalla Corte di Cassazione. Il ricorso è rigettato.
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