Di Laura Tirloni - Negli ultimi anni, il gioco d'azzardo ha avuto una crescita esponenziale a livello mondiale. Come fenomeno economico, in Italia si stima che l'industria del gioco contribuisca per il 4% al PIL nazionale e la crescita dal 2008 è stata del 30%. Nonostante i problemi di dipendenza da gioco d'azzardo siano inclusi come disturbo specifico nel manuale di psichiatria DSM III già dal 1980, nel nostro Paese solo di recente vi è stato un adeguamento piuttosto frettoloso e ancora incompleto dei SerD (Servizi per le dipendenze).
Dai dati raccolti da una ricerca del 2008 (Italian Population Survey on Alcohol and other drugs) curata dal CNR, sono emerse informazioni interessanti sui comportamenti da gioco d'azzardo che ci possono permettere di formulare un identikit del giocatore d'azzardo patologico. Si tratterebbe di un soggetto di sesso prevalentemente maschile (86.4%), che vive nelle regioni del centro-sud, in possesso di un titolo di scuola media superiore, spesso forte bevitore (56.4% ) e tabagista (34.6%). I ricercatori hanno inoltre rintracciato la presenza di una dipendenza da gioco d'azzardo
nel 2.3% dei giovani tra i 15 e i 24 anni e nel 2.2% della popolazione adulta tra i 25 e i 64 anni. Se includiamo anche la percentuale dei soggetti con dipendenza lieve possiamo facilmente arrivare a dire che un italiano su dieci ha qualche problema legato al gioco.In generale, il nostro ordinamento vieta la pratica del gioco d'azzardo, ma, allo stesso tempo, lo Stato mantiene il monopolio del settore, e il controllo dei relativi proventi. L'incremento registrato negli ultimi anni sembra procedere di pari passo con lo sviluppo dell'industria del gioco, in conseguenza dei cambiamenti nelle policy legislative: si è infatti passati da un approccio prevalentemente contenitivo ad uno iper-liberalizzatorio. Inoltre, in seguito al d.l. 39/2009, conosciuto come Decreto Abruzzo, si è ulteriormente ampliato il ventaglio d'offerta dei giochi, motivando tale iniziativa come misura per fornire sostegno alle famiglie terremotate. Questo potrebbe avere in qualche modo favorito un'idea di tale pratica come di un'attività socialmente utile, alimentando di conseguenza una cultura del gioco d'azzardo. Certo, i risultati di questo studio ci chiamano a mantenere alta la guardia e a mettere in discussione le politiche sul gioco, per evitare un ulteriore dilagare del problema. Appare soprattutto di fondamentale importanza rafforzare la protezione dei minori, attraverso la prevenzione ma anche vietandone l'accesso nelle sale dedicate al gioco. A fronte di una situazione sempre più preoccupante, associazioni, Istituzioni, sindacati e gruppi di giocatori patologici in trattamento hanno lanciato la campagna "Mettiamoci in gioco" con lo scopo di limitare la crescita esponenziale del fenomeno, aumentare le tutele per la collettività e attuare programmi di prevenzione al problema.