Conciliare lavoro e famiglia oggi giorno non è cosa semplice e così sono sempre di più le donne in carriera che devono rinunciare alla professione e alla propria realizzazione sul posto di lavoro per potersi dedicare in modo esclusivo alla famiglia.
Ma lasciare un posto di lavoro può comportare per una donna l'impossibilità di trovare in futuro analoghe prospettive lavorative.
Proprio per questo la Corte di Cassazione con la sentenza 7485 del 31 marzo 2014 stabilito che per determinare l'importo dell'assegno di mantenimento in favore della ex moglie che ha rinunciato alla carriera professionale per fare la mamma tempo pieno, si dovrà tenere conto anche del fatto che possono essere diventate difficili le possibilità di rientrare nel mercato del lavoro.
Sicuramente nel caso di specie ha influito il fatto che l'ex marito godeva di un consistente patrimonio, ma occorre cautela nell'applicare detto principio ad altre fattispecie perché le problematiche, dal punto di vista pratico, non sono poche.
In linea di principio, infatti, nella determinazione dell'assegno di mantenimento il giudice compie già una valutazione che mira a garantire alla moglie un tenore di vita analogo a quello tenuto in costanza di matrimonio. Se si dovesse aggiungere come ulteriore parametro di determinazione della misura dell'assegno anche quello del sacrificio professionale fatto dalla moglie c'è il concreto rischio che alla fine, lo stesso tenore di vita lo potrà avere solo la moglie e non più l'ex marito.
Del resto il tenore di vita della famiglia è determinato proprio dal reddito di entrambi i coniugi: se uno dei due ha rinunciato al lavoro anche il tenore di vita della famiglia si è certamente ridimensionato.
Si deve poi considerare che oggigiorno è sempre più difficile garantire lo stesso tenore di vita ha avuto in costanza di matrimonio e ciò per il semplice fatto che con la separazione le spese raddoppiano (in particolar modo quelle per per la casa come l'affitto, il mutuo, le bollette).
Insomma se si garantisce lo stesso tenore di vita a un coniuge, si finisce per negare l'analogo diritto all'altro coniuge.
Vale la pena segnalare un interessante sentenza della corte di appello di Ancona che proprio tenuto conto del fattore "aumento spese" a seguito di separazione: Corte d'Appello di Ancona: con separazione spese aumentano. Meno soldi alla ex.
Vai al testo della sentenza della Corte di Cassazione n. 4075 /2013