Di Laura Tirloni - Il Decreto Legislativo n. 81 del 9 aprile 2008, ha definito che, allo scopo di proteggere i lavoratori da situazioni di esposizione a stress lavoro-correlato, a partire dal 31 dicembre 2010 il Datore di Lavoro è tenuto ad avviare una valutazione di tale rischio all'interno della propria azienda. In particolare, l'Art. 28 del Decreto così riporta:«... la valutazione... deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, tra cui anche quelli collegati allo stress lavoro-correlato, secondo i contenuti dell'accordo europeo dell'8 ottobre 2004... ». Di fatto sono ancora poche le aziende che stanno regolarizzando la loro posizione e non appare così chiaro neanche quale sia la figura che debba occuparsi di tale valutazione.
L'obiettivo dell'accordo è quello di approfondire la conoscenza dello stress da lavoro, prima causa di assenteismo, evidenziandone i sintomi che possono fungere da campanello d'allarme rispetto all'instaurarsi di un problema, allo scopo di prevenirlo o di gestirlo al meglio. La legge pertanto obbliga il Datore di Lavoro a tutelare il benessere dei propri lavoratori, distinguendo i fattori oggettivi e soggettivi che possono essere alla base della condizione di stress e che possono influenzare negativamente la qualità della prestazione e la produttività dei lavoratori e dell'azienda stessa.
In generale, esiste uno stress "buono", ossia necessario per affrontare con la giusta energia gli impegni quotidiani, e uno stress negativo, (distress), in grado di scatenare, soprattutto nel lungo periodo e se trascurato, conseguenze psico-fisiche anche gravi. Quest'ultimo, infatti, può ripercuotersi negativamente sul rendimento lavorativo, sulla qualità dei rapporti tra colleghi, sulla soddisfazione personale rispetto alla propria produttività, con conseguenze e costi per il lavoratore, per l'azienda e per la sanità in generale.
Numerose sono le ricerche che si sono occupate di studiare il fenomeno (tra cui quella di Cox T., Griffiths A., E. Rial Gonzales, 2000) e che hanno evidenziato come lo stress da lavoro sia correlato con l'insorgenza di diverse patologie: disturbi fisici (lombalgia, cefalea, insonnia, cardiopatia, disturbi intestinali e gastrici, etc.); disturbi psichici (depressione, ansia, calo della concentrazione, ridotte capacità decisionali, etc.); incremento di comportamenti scorretti per la salute (maggior consumo di tabacco, alcool etc.)
La valutazione dello stress in ambito lavorativo deve essere effettuata secondo le indicazioni incluse nel modello previsto dalle direttive europee. Questa è generalmente condotta dal datore di lavoro, da un consulente esterno che già si occupa dell'azienda o dal commercialista.
Purtroppo, nella gran parte delle aziende made in Italy, sembra ancora mancare una vera e propria cultura del benessere che, al contrario, appare indispensabile per creare un ambiente lavorativo ottimale, in grado di favorire la produttività. Un datore che riconosca tale importanza e che si faccia attivamente carico della qualità della condizione lavorativa dei suoi dipendenti, potrebbe essere già di per sé terapeutico.In conclusione, esiste una Legge che ancora pochi conoscono, esistono gli strumenti da applicare, non esiste al contrario una figura professionale specifica deputata a questa valutazione, che potrebbe invece essere utilmente rivestita dallo Psicologo del lavoro, il quale sarebbe in grado di esercitare le proprie competenze in modo sicuramente più mirato e preparato rispetto ad altre figure professionali.
Vedi anche: Il risarcimento del danno da stress lavoro-correlato