Avv. Antonio la Penna
Nel nostro ordinamento gli animali sono sempre stati considerati alla stregua di cose, oggetti a completa disposizione del genere umano. Spesso non si considera il fatto che si tratta di esseri senzienti che meritano rispetto e tutela anche sotto il profilo giuridico. Il fatto stesso che gli animali si possano acquistare, con regolare "garanzia per i vizi" come statuisce espressamente l'art. 1490 c.c., analogamente a qualsiasi altro prodotto o bene, è la dimostrazione del tipo di approccio che la nostra società ha adottato nei loro confronti.Per fortuna, unitamente alle garanzie per i compratori, la disciplina della vendita prevede alcune forme di tutela anche nei riguardi degli animali. Ad esempio, un cucciolo non può essere venduto se ha un'età inferiore ai 2 mesi e deve essere munito di apposito microchip (apparecchio transponder che funziona con tecnologia Radio Frequency Identification). L'inserimento e la registrazione del microchip possono essere effettuate sia dall'amministrazione competente (Asl di zona), che richiederà secondo quanto stabilito dalle singole regioni la compartecipazione all'acquisto del dispositivo, sia da veterinari liberi professionisti, purché abilitati ad accedere all'anagrafe canina regionale secondo modalità definite dalle regioni e province autonome. I cani devono essere chippati e registrati tra 30 gg. e 2 mesi di vita ma ciò può essere fatto anche dopo presso il proprio veterinario o presso l'Asl pagando una sanzione per aver superato i limiti di età. I proprietari devono essere maggiorenni e residenti nella regione di competenza del veterinario o dell'Asl che procede all'inserimento del chip.
L'evoluzione dei diritti degli animali
Nella storia della specie umana l'atteggiamento nei confronti degli animali è passato da diverse fasi, dalla predazione all'interazione e all'addomesticamento, dal mero sfruttamento (per fini alimentari, scientifici, ecc.) sino all'instaurarsi di rapporti affettivi e di compagnia.
Tuttavia, sebbene la situazione non si possa considerare identica in tutte le culture, poiché esistono diverse comunità in cui la posizione dell'animale è inquadrata in una visione solidaristica al pari di tutti gli individui (basta pensare, a titolo esemplificativo, alla civiltà indiana e ad alcune sette indu i cui membri portano dei campanelli ai piedi per avvisare gli esseri viventi presenti sul suolo del loro passaggio affinchè possano evitare il pericolo di essere schiacciati), nel mondo, soprattutto occidentale, è stata sempre universalmente accettata una visione antropocentrica, per cui gli animali sono stati concepiti come creature al servizio dell'uomo, da utilizzare alla stregua di oggetti anche per gli esperimenti della scienza moderna (a partire soprattutto dall'opera di Claude Barnard, unanimemente considerato il padre della moderna vivisezione).
Escludendo, pertanto, qualche voce di dissenso e qualche timido tentativo di introdurre tutele e garanzie per gli animali (dai tempi più antichi con Pitagora e Plutarco, alle teorie di Kant e Jeremy Bentham nel '700 e persino all'epoca del regime nazista, durante il quale, seppur solo per via di un'esigenza di salute di Hitler che il governo strumentalizzò a fini propagandistici, era stata dichiarata l'intenzione di bandire il consumo di carne di animale in tutti i territori occupati dal terzo Reich), è solo in tempi recenti che si sono affermate le basi per il riconoscimento di una qualche forma di tutela nei confronti degli animali.
È a partire, infatti, dagli anni '70 del secolo scorso che, sulla spinta internazionale della nascita di vari movimenti e associazioni
Le istanze provenienti dalla società sono state assorbite dal legislatore portando a quella che può essere definita una vera svolta in materia: la legge n. 189/2004.
La tutela penale dopo la legge n. 189/2004
Con la l. n. 189/2004 il legislatore ha compiuto un ulteriore passo verso il riconoscimento di una seppur "limitata soggettività" dell'animale, aumentando le condotte penalmente rilevanti con l'introduzione nel codice del Titolo IX Bis rubricato "Dei delitti contro il sentimento per gli animali" segnando il significativo passaggio dalla mera contravvenzione al reato vero e proprio.
Sebbene il dato comune a tutte le nuove fattispecie criminose sia il concetto di animale quale oggetto materiale sul quale si estrinseca l'azione criminosa dell'agente, mentre il "soggetto passivo del reato" rimane sempre colui che rimane turbato dall'atto criminoso nel suo sentimento di pietà verso gli animali (e, quindi, l'uomo e non l'animale in quanto essere vivente), tuttavia la novella si caratterizza per avere esteso la tutela penale a tutti gli esseri viventi appartenenti al genere animale (senza nessuna distinzione tra animali d'affezione, domestici o selvatici, vertebrati o invertebrati), abbandonando la visione restrittiva abbracciata in passato che considerava penalmente rilevanti solo le ipotesi di reato nei confronti degli animali in grado di generare sentimenti di pietà e compassione (cane, gatto, ecc.), ovvero le specie verso le quali l'uomo è in grado di adottare atteggiamenti socialmente apprezzabili (cfr., ad esempio, l. n. 473/1993).
Le quattro fattispecie delittuose introdotte dalla l. n. 189/2004 (le cui pene sono state inasprite dalla l. n. 201/2010) sono le seguenti: - l'uccisione di animali (art. 544 bis c.p.) che apre il nuovo capo a tutela degli animali, punendo con la reclusione da 4 mesi a due anni chiunque, "per crudeltà o senza necessità cagiona la morte di un animale", costituendo pertanto un'autonoma ipotesi di reato che parte della dottrina, per sottolineare il parallelo realizzato dal legislatore tra questa fattispecie delittuosa e quella di omicidio, ha etichettato come "animalicidio"; - il maltrattamento di animali (art. 544-ter c.p.) che punisce chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona una lesione a un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche ecologiche, con la reclusione da 3 a 18 mesi o con la multa da euro 5.000 a 30.000; - gli spettacoli o manifestazioni vietati (art. 544-quater c.p.) che, ove comportanti "sevizie o strazio per gli animali" sono puniti con la reclusione da 4 mesi a 2 anni o la multa da 3.000 a 15.000 euro, prevedendo, altresì, un inasprimento della pena se i fatti vengono commessi in relazione all'esercizio di scommesse clandestine o al fine di trarne profitto per sé o altri ovvero se ne deriva la morte dell'animale; - infine, il divieto di combattimenti tra animali (art. 544-quinquies c.p.) punito con la reclusione da 1 a 3 anni e con la multa da 50.000 a 160.000 euro. Sotto lo stesso titolo IX bis rileva anche l'introduzione dell'art. 544-sexies c.p. che prevede la confisca dell'animale, salvo che appartenga a persona estranea al reato, nel caso di condanna o di applicazione della pena ex art. 444 c.p.p. per i reati di cui agli artt. 544-ter e ss.
Facendo salve le disposizioni di cui agli artt. 636 c.p. (che punisce con la reclusione e la multa chi introduce o abbandona animali nel fondo altrui e il pascolo abusivo) e 672 c.p. ("Omessa custodia e mal governo di animali"), la legge ha altresì modificato l'art. 638 c.p. disponendo che chiunque si renda colpevole di uccisione o danneggiamento di un animale altrui è punito, salvo che il fatto costituisca più grave reato, con la reclusione fino a 1 anno o con la multa fino a 309 euro, nonché l'art. 727 c.p. che, a seguito dell'introduzione del reato di maltrattamenti ex art. 544-ter c.p., punisce l'"abbandono di animali" (domestici o che abbiano acquisito abitudini della cattività), con l'arresto fino a un anno o con l'ammenda da euro 1.000 a 10.000, disponendo inoltre che "alla stessa pena soggiace chiunque detiene animali in condizioni incompatibili con la loro natura, e produttive di gravi sofferenze".
La riforma del 2004, infine, ha previsto all'art. 2, il divieto di utilizzo di cani (canis familiaris) e gatti (felis catus) per la produzione, il confezionamento e la commercializzazione o introduzione nel territorio nazionale di pelli, pellicce, capi di abbigliamento e articoli di pelletteria costituiti o ottenuti, in tutto o in parte, dalle pelli o dalle pellicce dei medesimi, punendo chiunque viola tali disposizioni con l'arresto da 3 mesi a un anno o con l'ammenda da 5.000 a 100.000 euro.
In ambito penalistico, occorre altresì segnalare le disposizioni inserite dalla l. n. 201/2010 e, in particolare, il "traffico illecito di animali da compagnia" punito con la reclusione da 3 mesi a 1 anno e con la multa da 3000 a 15.000 euro e l'"introduzione illecita di animali da compagnia" nel territorio nazionale soggetta a sanzioni amministrative di importo crescente per ogni animale introdotto, salvo che il fatto costituisca reato.
Meritano menzione, infine, l'art. 727-bis introdotto dal d. lgs. n. 121/2011 relativo all'"uccisione, distruzione, cattura, prelievo, detenzione di esemplari di specie animali o vegetali selvatiche protette" che, salvo che il fatto costituisca più grave reato, prevede la pena dell'arresto da 1 a 6 mesi o l'ammenda fino a 4.000 euro, nonché il comma 9-bis dell'art. 189 del Codice della Strada che punisce l'utente della strada in caso di omissione di soccorso agli animali d'affezione coinvolti in incidente stradale con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 410 a 1.643.
La tutela civilistica
In ambito civilistico, il sentimento per gli animali trova riconoscimento nel diritto comunitario, anche alla luce del Trattato di Lisbona del 12.12.2007 che afferma il principio per cui "l'Unione Europea e gli Stati membri tengono pienamente conto delle esigenze in materia di benessere degli animali in quanto esseri senzienti" e della l. n. 201/2010, che ha ratificato la Convenzione Europea per la protezione degli animali da compagnia adottata a Strasburgo il 13.11.1987, secondo la quale "deve essere riconosciuto un vero e proprio diritto soggettivo all'animale da compagnia". Nella stessa ottica, si pone il Codice del Turismo (d. lgs. n. 79/2011) che all'art. 30 sancisce l'obbligo dello Stato di "promuovere ogni iniziativa volta ad agevolare e favorire l'accesso ai servizi pubblici e nei luoghi aperti al pubblico dei turisti con animali domestici al seguito", nonché la significativa modifica dell'art. 1138 c.c. (ad opera della riforma del condominio con l. n. 220/2012) che ha previsto che le norme del regolamento condominiale non possono vietare ai condomini il possesso o la detenzione degli animali domestici, rappresentando il coronamento di principi già largamente consolidati in giurisprudenza (v. Cass. n. 3705/2011 e 13.3.2013).
Da ricordare, infine, il recente d.d.l. all'esame del Parlamento, sull'affido degli animali d'affezione in caso di separazione dei coniugi, sinonimo di un trend culturale politico e legislativo teso ad una prospettiva radicalmente opposta rispetto al passato sulla concezione degli animali.
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