Di Laura Tirloni - La famiglia allargata è un fenomeno in continua espansione nella società d'oggi. Le unioni si sciolgono, si creano nuovi legami, e se ci sono figli da precedenti relazioni, ecco che prendono vita nuovi nuclei familiari. La nascita di una nuova realtà familiare in cui uno o entrambi i partner portano uno o più figli avuti da una precedente relazione è un evento molto complesso, che chiama in causa diversi individui con i loro bisogni e le loro paure.
Nelle situazioni positive, i genitori acquisiti (cioè i nuovi conviventi del genitore naturale) possono costituire delle utili risorse per supportare i figli e aiutarli a ristabilire quel senso di stabilità e sicurezza messo a rischio dalla separazione del padre e della madre. In questo sistema fatto di fragili equilibri si possono tuttavia incontrare degli ostacoli, che vanno affrontati mantenendo sempre aperto il dialogo tra tutti i componenti della famiglia, per agevolare l'espressione e la comprensione dei bisogni e delle difficoltà reciproche. Il canale comunicativo andrebbe mantenuto aperto anche con il genitore naturale non convivente, che necessita di essere sempre informato sulle questioni fondamentali e le decisioni importanti che riguardano la vita dei propri figli, tutto ciò nel rispetto degli spazi di ciascuno ed evitando ingerenze. Può infatti succedere che il genitore non convivente si senta escluso rispetto al nuovo nucleo in formazione, così da vivere il genitore acquisito come una sorta di minaccia al proprio rapporto privilegiato con i figli, che invece è destinato a rimanere tale. In altre situazioni, sono i figli stessi a mostrare atteggiamenti di chiusura difensiva e di rifiuto verso il genitore acquisito, per gelosia, rivalità, paura, o anche nel tentativo di proteggere il genitore naturale non convivente, che può essere sperimentato come "vittima".
Ogni mutamento nella nostra vita richiede una fase di adattamento in cui si cercano nuovi equilibri, attraversando situazioni di crisi.
Nei casi in cui si dovesse manifestare un vissuto di disagio troppo marcato o prolungato, potrebbe rivelarsi utile richiedere un consulto da parte di un professionista esterno. In questi casi, il mediatore familiare o lo psicologo, in quanto figura che si pone con uno sguardo imparziale e non giudicante, può intervenire per evidenziare e sanare quei conflitti che altrimenti rischiano di degenerare, aiutando i membri a uscire da schemi comportamentali disfunzionali e controproducenti, che alimentano il malessere e lo mantengono nel tempo. Anche l'avvocato, nella sua pratica quotidiana si trova sempre più spesso di fronte a queste delicate realtà familiari e coinvolto nell'aiutare i membri a trovare un accordo su varie questioni, mettendo sempre in primo piano l'interesse dei minori. Il suo ruolo lo chiama a conoscere e a comprendere a fondo le complesse dinamiche presenti tra i vari membri coinvolti per poter intervenire in caso di conflitto e proporre delle possibili soluzioni.