Avv. Francesco Pandolfi, specializzato in diritto militare.
Il riconoscimento della causa di servizio si ottiene mediante un'analisi multifattoriale della patologia contratta in occasione di servizio; in questo articolo si esamina: 1) il servizio prestato dal militare presso un'armeria aeroportuale ed esposizione a benzene, 2) l'attività addestrative di tiro ed inalazione di particelle di piombo, bario e antimonio, 3) l'esposizione ad amianto presente nella coibentazione di un veicolo Blindato Fiat 6114G Mangusta ( le analisi di laboratorio eseguite su campione confermavano la presenza di fibre di natura asbestica della specie del crisotilo in percentuale di peso superiore al 90%), 4) l'esposizione del militare alle onde elettromagnetiche dei radar presenti nelle sedi prestava servizio, 5) l'indebolimento delle barriere immunitarie da multipli vaccini.
Nel caso commentato, il maresciallo 1^ cl S.O.D.T. prestava servizio presso il xx Stormo Aeroporto Militare xxxxxxx di F.; egli risultava affetto da leucemia acuta mieloplastica così come diagnosticata nel ricovero ospedaliero.
Orbene, in occasione del giudizio del Comitato di Verifica per le cause di servizio, deve svolgersi una verifica puntuale sull'attività lavorativa svolta dal militare per comprendere se essa abbia costituito o meno un rischio specifico, il tutto in un'ottica di studio multifattoriale della patologia contratta. E' quanto stabilito dal Tar Puglia con la sentenza n°67/2014 nei confronti del Ministero della Difesa Direzione Generale della Previdenza Militare della Leva nonché del Ministero dell'Economia e delle Finanze.
Una volta impugnato il decreto con il quale la Direzione Generale della Previdenza Militare della Leva ha negato, conformemente al parere del Comitato di verifica per le Cause di Servizio, il riconoscimento delle infermità riscontrate dalla competente commissione medica ospedaliera come dipendenti da causa di servizio, si appalesa opportuno ripercorrere l'iter logico argomentativo del Giudicante al fine di estrapolare utili criteri di riferimento utilizzabili in similari fattispecie.Come premesso, nel caso esaminato il ricorrente maresciallo 1^ cl S.O.D.T. prestava servizio presso il xx Stormo Aeroporto Militare xxxxxxx di F.; egli risultava affetto da leucemia acuta mieloplastica così come diagnosticata nel ricovero ospedaliero in ospedale.
In data 2.4.2010 presentava quindi all'Amministrazione istanza per il riconoscimento della causa di servizio formulando contestuale richiesta per la concessione del relativo equo indennizzo.
Con il parere reso nel corso di apposita adunanza, il Comitato di Verifica per le Cause di Servizio evidenziava:"...l'infermità: leucemia mieloide acuta già trattata…omissis….non può riconoscersi dipendente da causa di servizio in quanto trattasi di un processo morboso dell'apparato emopoietico, caratterizzato da alterazioni degli elementi cellulari bianchi della serie mieloide del sangue che, come tale, non può essere in alcun modo ricollegabile al servizio.
L'insorgenza della patologia è riconducibile a fattori genetici ed al progredire dell'età; poiché nella fattispecie le caratteristiche inerenti al tipo di attività e di ambiente di lavoro non sono tali, per natura ed entità, da costituire elementi di rischio causali o concausali efficienti e determinanti, il processo proliferativo è da attribuire a fattori estranei al servizio stesso…".
Il militare interessato impugnava sia il decreto sia il presupposto parere del Comitato di Verifica per le cause di servizio, invocando il riconoscimento delle patologie accertate come dipendenti da causa di servizio e la condanna del Ministero della Difesa al pagamento dell'equo indennizzo, con interessi e rivalutazione sino al soddisfo.
Il Collegio giudicante riteneva fondato il ricorso accogliendolo con consequenziale annullamento degli atti gravati.
Invero, il Tar riteneva i provvedimenti gravati carenti sotto il profilo motivazionale, avendo utilizzato l'Amministrazione resistente -in occasione del diniego- mere formule di stile e non avendo rimarcato il percorso logico che ha condotto alla valutazione finale.
Come condivisibilmente sottolineato da T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VII, 7 giugno 2012, n. 2720, in presenza di una patologia tanto grave era necessaria una motivazione analitica e puntuale ( all'opposto del tutto carente nella vicenda in esame ) che non si limitasse all'enunciazione di mere formule di stile ma che si riferisse analiticamente a tutti gli elementi connessi con lo svolgimento del servizio da parte del dipendente e a tutti i precedenti di servizio risultanti dagli atti.
In termini analoghi si era già espresso il T.A.R. Calabria, Catanzaro, Sez. II, 22 novembre 2012, n. 1143:"... L'obbligo motivazionale non può considerarsi soddisfatto mediante la mera e generica indicazione degli elementi presi in considerazione, quali tipo di prestazione lavorativa, presenza o meno di determinati strapazzi, natura e caratteri della patologia. Ai fini dell'affermazione o della negazione che il servizio abbia potuto costituire causa o concausa della lesione, è necessaria la ricostruzione, da effettuare con la dovuta sintesi ma sulla base di compiuta istruttoria, delle caratteristiche specifiche del servizio e delle circostanze rilevanti risultanti dagli atti acquisiti, da porre in relazione con i caratteri della patologia di cui si tratta, al fine della espressione di un giudizio che sia frutto di un'approfondita analisi degli elementi considerati e delle possibili correlazioni tra gli elementi stessi. ...".
Applicando al caso di specie il principio di diritto desumibile da detto pronunciamento, si può affermare che sarebbe stata necessaria la ricostruzione, da effettuare con la dovuta sintesi ma sulla base di una compiuta istruttoria, delle caratteristiche specifiche del servizio (attività svolta dal ricorrente presso armerie militari a continuo contatto con sostanze nocive), da porre in relazione con i caratteri della patologia di cui si tratta, al fine della espressione di un giudizio che sia frutto di un'approfondita analisi degli elementi considerati e delle possibili correlazioni tra gli elementi stessi: in particolare, l'Amministrazione non aveva precisato la possibile causa della patologia dell'istante (leucemia mieloide acuta) e se potesse sussistere una qualche correlazione tra l'insorgenza della suddetta patologia con la specifica tipologia di attività lavorativa svolta dal ricorrente.
Peraltro, il Consiglio di Stato, Sez. IV con decisione n. 4476 del 6.8.2012 aveva ritenuto che il Comitato di verifica per le cause di servizio ha comunque sempre il dovere, in applicazione dei principi generali fissati dall'art. 3 legge 241/90, di prendere in esame tutte le variabili suscettibili di determinare l'insorgenza del male, verificando con puntualità se l'attività lavorativa abbia costituito o non un rischio specifico.
Va evidenziato che il consulente di parte nella relazione prodotta in giudizio giungeva alle seguenti conclusioni condivise poi dal Collegio: "... Le condizioni per il riconoscimento di una causa di servizio sono le seguenti: 1) l'esistenza di un rapporto di impiego con la pubblica amministrazione, 2) verificarsi di una patologia, 3) esistenza di un nesso causale tra la patologia e lo svolgimento dei doveri di ufficio. Il soggetto che può richiedere il riconoscimento di una causa di servizio deve essere, dunque, un dipendente pubblico, legato cioè con un rapporto di impiego con la pubblica amministrazione; l'oggetto del riconoscimento è un danno alla salute subito dal lavoratore costituito da una infermità o lesione determinate da fatti di servizio o da cause inerenti all'attività lavorativa stessa, come ad esempio l'ambiente, le modalità o le condizioni di lavoro. Ultimo elemento indispensabile per il riconoscimento della causa di servizio è il rapporto di causalità tra attività lavorativa (o fatti di servizio) ed evento dannoso. La norma prevede che tra i fatti di servizio e le infermità o lesioni sopravvenute, debba sussistere un rapporto di tipo causale o concausale efficiente e determinante. Ciò significa che ai fatti di servizio quale causa unica, diretta e immediata della infermità, della lesione o della morte sono equiparati i fatti di servizio come concause, condizioni necessarie ma non sufficiente a produrre l'evento, quali elementi che, di fatto, concorrono a rendere ancora più grave un evento dannoso qualsiasi.
È importante premettere che se per molte affezioni appare il più delle volte in tutta la sua evidenza e di una certa semplicità il riconoscimento del rapporto causale unico, diretto e immediato con il lavoro, per la maggior parte delle infermità ad eziopatogenesi multifattoriale, non è possibile attenersi a un rigido schematismo derivativo; molte malattie, infatti, riconoscono più fattori etiologici che, agendo talora su un terreno di predisposizione eredo-costituzionale, spesso attraverso variegata patogenesi, contribuiscono tutti, anche se con differente efficienza e modalità di azione, all'insorgenza del quadro clinico. Tra queste rientrano senza dubbio le patologie oncologiche, il cui percorso etiopatogenetico non è, nella maggior parte dei casi, scientificamente dimostrabile, pur in presenza di numerosi studi che concludono per un nesso con la esposizione lavorativa a diverse noxae patogene.
Venendo al caso in commento, l'anamnestica ricostruzione della tipologia di servizio che ha connotato la vita professionale del militare, consentiva di rilevare l'esistenza di una documentata protratta esposizione a multipli fattori direttamente e/o indirettamente dotati di potenziale attività cancerogena. Vediamo quali.
L'aver prestato servizio presso l'armeria aeroportuale ha comportato la esposizione, sia per contatto cutaneo che per vie respiratoria, a numerosi composti aromatici (oli e solventi usati per la manutenzione delle armi), la cui pericolosità per la salute è ampiamente documentata. Tra questi, il benzene, che ne costituisce uno dei principali componenti volatili, viene incluso ormai da anni nella letteratura scientifica internazionale tra le sostanze per le quali è stato riconosciuto un ruolo causale nella insorgenza di diverse patologie ematologiche, tra cui le leucemie.
Il militare, inoltre, è stato frequentemente impiegato in attività addestrative di tiro, durante le quali si sviluppa una notevole quantità di sostanze tossiche e potenzialmente cancerogene, tra cui citiamo particelle di piombo, bario, antimonio.
Particolarmente rilevante risulta, inoltre, la circostanza che nel corso della sua attività di servizio l'istante sia stato esposto anche al rischio amianto, sostanza presente nel materiale di coibentazione del Veicolo Blindato Fiat 6114G (Mangusta), come risultato da un'analisi effettuata nel luglio del 2011 presso il Reparto Chimico del Centro Sperimentale Volo su richiesta del Servizio Intermedio Prevenzione e Protezione del Comando Squadra Aerea ("... dalle analisi di laboratorio eseguite risulta che nel campione sono presenti fibre di natura asbestica della specie del crisotilo in percentuale di peso superiore al 90%").
Oltre che nei mesoteliomi e nei cancri polmonari la cancerogenità dell'amianto è stata recentemente implicata anche nella patogenesi delle leucemie acute. Alcuni studi, infatti, hanno incontrovertibilmente documentato la presenza significativa di fibre di amianto nel midollo osseo di soggetti leucemici con storia di esposizione alla sostanza.
Una attenta e critica analisi retrospettiva dell'attività di servizio del -OMISSIS-, che ha, peraltro, trovato conferma di oggettivazione causale in un esauriente carteggio documentale esibito dall'interessato, ha consentito, infine, di individuare un percorso lavorativo particolarmente usurante e stressogeno, che, come una copiosa e moderna letteratura scientifica ha dimostrato, può aver determinato una modificazione della sua omeostasi psico-fisica, una alterata condizione che rappresenta la fase finale della sindrome generale di adattamento in situazioni croniche di stress.
In questa fase le capacità e le risorse di reazione dell'organismo risultano esaurite, dopo la iniziale fase di allarme e la lunga fase di resistenza, queste caratterizzate, in condizioni normali, da un complesso complementare ed equilibrato di reazioni comportamentali e biologiche, attuate dall'azione di mediatori chimici e mediatori allostatici (quali, ormoni cortico e medullo - surrenalici, neurotrasmettitori, citochine, etc.), che, agendo sui recettori dei vari tessuti del sistema regolatorio dell'organismo, inducono quelle reazioni "adatte" al nuovo assetto psichico, metabolico, immunitario e cardiovascolare dell'organismo, quasi finalizzate alla neutralizzazione dell'agente stressante.
Proprio nella fase finale della sindrome generale da adattamento è stata ampiamente documentata in letteratura la possibilità di un vulnus delle difese immunitarie con conseguente minore capacità dell'organismo di rispondere agli attacchi delle noxae patogene, anche quelle intrinsecamente dotate di potere cancerogeno.
Lo studio dei rapporti tra stati emozionali e genesi dei tumori è stato per molti anni trascurato dalla psicosomatica tradizionale, il cancro essendo stato sempre considerato come una malattia somatica per eccellenza, causata da determinanti di natura biologica, chimico fisica non collegabili a modificazione di stato funzione del sistema nervoso centrale.
Questo approccio strettamente somatico si è andato parzialmente modificando e sono apparsi nella letteratura internazionale studi sempre più numerosi sui possibili rapporti tra psiche e cancro. Sarebbe erroneo pensare che i fattori emozionali possano essere considerati come determinanti fondamentali dell'oncogenesi, ma possiamo certamente attenderci che essi, in un modello di interpretazione multifattoriale della malattia somatica, siano responsabili almeno di una parte della varianza etiopatogenetica della malattia.
Se a quanto detto aggiungiamo anche la documentata esposizione del militare alle onde elettromagnetiche a partenza dai radar presenti nelle sedi in cui ha prestato servizio e le conseguenze sul suo assetto immunitario delle multiple vaccinazioni alle quali è stato obbligatoriamente sottoposto nel corso degli anni, ricaviamo un quadro multifattoriale di elementi che agendo sia direttamente, come riconosciuti elementi oncogeni, sia indirettamente per la loro azione di indebolimento delle difese immunitarie del soggetto, possono aver assunto, nel loro insieme, un ruolo determinante nella insorgenza della malattia neoplastica.
Da un punto di vista medico-legale assurge a dignità di causa quell'antecedente, di interesse e valore giuridico, dal quale dipende (in concorso di altri fattori o non) l'avverarsi della modificazione peggiorativa della persona.
In altre parole "... le concause di lesione o di invalidità al servizio devono risultare tali che senza il loro intervento non si sarebbe determinata la denunciata menomazione dell'integrità psico-fisica nella sua specifica natura e entità: il servizio prestato deve, quindi, portare un quid novi e un quid pluris rispetto alla consueta insorgenza e progressione della infermità" (Ca., Bo. - I trattamenti pensionistici privilegiati - Gi.Ed.).
La concausa efficiente, dunque, si configura come l'antecedente causale che dispiega preminente forza nel determinismo dell'evento, ovvero, pur essendo quantitativamente non significativa, da un punto di vista qualitativo e/o modale agisce in maniera da influire in modo sensibile sul fatto conseguente: di qui il valore particolare che assume rispetto alle altre concause.
Nel caso del militare ricorrente, la convinzione che la leucemia linfoblastica acuta debba trovare riconoscimento di dipendenza da causa di servizio, nasce proprio da tale percorso valutativo, che ha consentito di rilevare la sussistenza di un rischio specifico, che sotto il profilo concausale efficiente e determinante assume in questo caso primario valore giuridico. ...".
Dalle argomentazioni espresse in precedenza discende l'accoglimento del ricorso e, per l'effetto, l'annullamento degli atti impugnati.
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