La Corte di Cassazione con la sentenza n. 9864 del 7 maggio 2014 ha ricordato che la confessione di cui all'articolo 2730 del codice civile è un atto che può provenire solo dalla parte personalmente e che pertanto non si può attribuire efficacia di confessione alle affermazioni relative a fatti sfavorevoli al proprio rappresentato che possa aver fatto il difensore nei suoi scritti difensivi.
Infatti, secondo quanto dispone l'articolo 2730 del codice civile "La confessione è la dichiarazione che una parte fa della verità di fatti ad essa sfavorevoli e favorevoli all'altra parte".
Le affermazioni dell'avvocati però, possono essere liberamente apprezzate dal giudice di merito.
Va ricordato che nel nostro ordinamento esistono due tipi di confessione: quella giudiziale e quella stragiudiziale.
La confessione giudiziale è disciplinata dall'articolo 2733 ed è solo d'esclusivamente quella resa dalla parte nel corso del giudizio.
Essa può essere spontanea se è stata fatta senza alcuna sollecitazione in tal senso dall'altra parte oppure può essere provocata attraverso l'istituto dell'interrogatorio formale previsto dall'articolo 228 del codice di procedura civile.
Per quanto riguarda la confessione stragiudiziale, occorre fare riferimento all'articolo 2735 codice civile.
Si tratta di una confessione che viene fatta al di fuori del giudizio e che assume lo stesso valore di quella giudiziale se è stata fatta alla parte o a chi la rappresenta.
Se invece la confessione stragiudiziale è stata fatta a un terzo o è contenuta in un testamento, essa può essere solo liberamente apprezzata dal giudice.
Resta poi il problema della prova della confessione stragiudiziale. L'art. 2735 ad esempio dispone che "la confessione stragiudiziale non può provarsi per testimoni, se verte su un oggetto per il quale la prova testimoniale non è ammessa dalla legge".