Non sono solo atti di violenza fisica quelli che possono portare una condanna per maltrattamenti in famiglia. Anche atti di disprezzo e di offesa alla dignità del partner determinano delle vere e proprie sofferenze morali  possono integrare gli estremi del reato previsto dall'articolo 572 del codice penale.

È quanto chiarisce una sentenza della sesta sezione penale della Corte di Cassazione (Sentenza n. 19674 del 13 maggio 2014) ha  respinto il ricorso di un imputato che era condannato ad un anno di reclusione per il reato di maltrattamenti in famiglia

La corte di Appello di Trento aveva confermato un provvedimento di condanna e la difesa dell'imputato proponeva ricorso per Cassazione deducendo il vizio di erronea applicazione della legge penale, in quanto la Corte d' appello aveva omesso di contestualizzare l'intera vicenda processuale rispetto ad una realtà sociale estranea rispetto a quella italiana e occidentale.

Secondo l'imputato dall'istruttoria dibattimentale era emerso che la vicenda avrebbe dovuto ricondursi alla "la semplice sofferenza di una giovane donna convivente, fin dai primi giorni del suo matrimonio, con un marito le cui peculiarità caratteriali ella non aveva avuto modo di conoscere prima".

La Corte ha evidenziato come i giudici d'appello avessero correttamente ricostruito la vicenda evidenziando che la persona offesa era stata "costretta a vivere in stato di sottomissione, subendo violenze fisiche e psicologiche da parte del coniuge ed era stata anche "oggetto di percosse e minacce psicologiche affinchè esercitasse le funzioni di "domestica", costretta a svolgere le relative mansioni e a servire tutti i componenti la famiglia, con il rischio di essere malmenata qualora avesse osato opporsi".


Nello specifico la Suprema Corte evidenzia come per sei mesi la donna abbia vissuto in uno stato di sottomissione, subendo una violenza psico fisica confermata sia dall'impossibilità di frequentare o vedere altre persone e soprattutto un tentativo di allontanarsi da casa abbia comportato violente percosse e soprattutto la chiusura a chiave in una stanza. La chiarezza e la coerenza del quadro probatorio ha per questo motivo indotto la Corte di Cassazione a respingere il ricorso confermando la reclusione pari ad anni uno per il reato di maltrattamenti contro familiari e conviventi previsti dall'art 572 del codice penale.

Vai al testo della sentenza N. 19674 del 13 maggio 2014 della Corte di Cassazione

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