di Angelo Casella - Tutti i Comuni del Paese, grandi e piccoli, hanno da qualche tempo vincolato al pagamento di una somma di danaro - diversificata secondo modalità specifiche - il parcheggio dell'automobile praticamente in tutta l'area cittadina, fino all'estrema periferia. La delimitazione di queste aree avviene mediante l'apposizione sulla carreggiata stradale di strisce di colore blu:
In genere, nelle realtà maggiori, sono state previste diverse tipologìe di "abbonamento" al parcheggio a seconda del soggetto richiedente (residente, dimorante, ecc.). Tali abbonamenti sono però validi soltanto in una sola delle "zone" nelle quali è stato suddiviso il territorio cittadino. All'abbonato non è perciò consentito posteggiare al di fuori della zona prevista (comprendente praticamente poco più della strada dove lo stesso abita) senza pagare un'ulteriore somma a titolo di abbonamento "cumulativo" o di permesso orario.
Poiché gli enti territoriali non dispongono di sovranità sul territorio, questa imposizione ha potuto essere instaurata soltanto sulla base di una delega da parte dello Stato.
I - a. All'art.7, lett. 7, il c.d. "Codice della Strada" prevede, per l'appunto, che i Comuni possano, con ordinanza del Sindaco "stabilire (…..) aree destinate al parcheggio, sulle quali la sosta dei veicoli è subordinata al pagamento di una somma (…..) anche senza la custodia del veicolo" (cioè anche senza che venga fornita una prestazione che giustifichi l'imposizione).
L'innovazione, rispetto all'orientamento precorso è esplicitamente mirata a consentire - con i relativi introiti - la costruzione di parcheggi sotterranei.
L'effettiva realizzazione di questi parcheggi è parte essenziale di un disegno del legislatore (che emerge chiaramente dai lavori preparatori e da altre contestuali disposizioni), inteso a contenere e circoscrivere la circolazione veicolare nelle aree urbane a fini ambientali e di tutela del patrimonio artistico.
b. Al successivo art. 8, il legislatore, comunque, tiene a formalmente ribadire un principio, dalla dottrina e dalla giurisprudenza unanimemente considerato fondamentale per il rispetto della liberta individuale di movimento (art. 16 della Carta Costituzionale), per il quale, nell'ipotesi sopra descritta, il Comune deve, "su parte delle stessa area, ovvero su altra parte, nelle immediate vicinanze (.….), riservare una adeguata area destinata a parcheggio, rispettivamente senza custodia o senza dispositivi di controllo della sosta".
All'utente della strada, sia esso residente o meno nella città interessata, deve dunque essere - in via di principio - garantita la fondamentale libertà di poter scegliere, in ogni area urbana, tra il parcheggio a pagamento e quello libero da vincoli.
c. Ciò ribadito, il legislatore specifica alcune eccezioni, e cioè che tale obbligo di riservare adeguate aree libere non sussiste per le eventuali zone qualificate "area pedonale urbana", e per quelle destinate "a traffico limitato", nonché per quelle classificate "A" dall'art. 2 del D. M. 2.4.68 n. 1444 e per quelle altre definite di rilevanza urbanistica, "…nelle quali sussistano esigenze e condizioni particolari di traffico".
Così esprimendosi, il legislatore ha voluto individuare, in modo esatto e specifico, delle circoscritte ipotesi nelle quali è possibile derogare al principio descritto al precedente punto b, lasciando all'Autorità comunale un certo ambito di opportuna discrezionalità nella valutazione di concrete esigenze localmente presenti. E' ovvio che si tratta in ogni caso di eccezioni, che non possono sommarsi fra loro e, soprattutto estendersi a macchia d'olio su tutta l'area del centro. Altrimenti, è ovvio, il principio sopradetto viene annullato e le eccezioni si traducono in un abuso di potere e in un mezzo per prendere in giro i cittadini.
Dall'insieme di queste disposizioni emergono chiaramente i lineamenti del disegno complessivo perseguito dal legislatore. Che è quello di consentire la realizzazione di una politica comunale organica in tema di traffico, mediante un contemperato equilibrio fra esigenze della circolazione, della riduzione dell'inquinamento, della vivibilità dei centri urbani e della tutela dei monumenti.
In altri termini, la potestà attribuita al Comune di chiedere un versamento di danaro per il parcheggio in determinate zone ed il corrispondente sacrificio economico chiesto all'automobilista, fa parte del progetto globale ora accennato. Si tratta cioè soltanto di uno dei momenti di un'azione complessa ed articolata che punta al recupero dei centri urbani a fronte del costante dilagare del traffico dei veicoli.
Questa precisazione è particolarmente rilevante in quanto mette in luce che lo scopo primario del legislatore non è di fornire ai Comuni una fonte (mascherata) di introito.
In questo quadro, l'azione di tutte le autorità comunali (salvo eccezioni a noi ignote) è stata invece soltanto monocorde. Quasi l'intera superficie urbana è stata sottoposta in modo uniforme e generalizzato al vincolo del parcheggio a pagamento, mentre rade a casuali sono le aree a parcheggio libero (che, per legislatore dovrebbero non solo esistere ma essere di dimensioni "adeguate").
d. E qui, sfavorevolmente sorprende l'imponente divario fra la gran massa di questi vincoli posti al parcheggio, di contro alle scarsissime contestuali limitazioni al traffico (l'estensione delle aree pedonali è ovunque molto limitata, mentre la c.d. ZTL, è praticamente inefficace sul piano pratico, in quanto il traffico nei centri storici - salvo rare eccezioni - non è affatto diminuito).
Si evidenzia così una totale scorretta divergenza tra le due tipologie di interventi (che il legislatore ha invece considerate affiancate), con esasperata sottolineatura delle prime, al solo fine di reperire fondi e non di risolvere, in via primaria, il problema del traffico urbano che costituisce invece la finalità - formalmente esplicitata - della legislazione di cui si tratta.
Emerge comunque, in via generale, una clamorosa anomalia, che inficia la validità di questi provvedimenti dei Comuni sotto il profilo del corretto uso della volontà amministrativa.
In effetti, il potere che il legislatore ha ritenuto di attribuire all'Autorità comunale, è stato da questa totalmente sviluppato sulla base di quella che doveva invece essere una semplice ipotesi correttiva.
In tal modo, l'eccezione prevista dalla legge, è stata trasformata nella regola, stravolgendo la ratio alla base della direttiva indicata dal governo. Così facendo, l'Autorità comunale è incorsa in un uso non corretto (o, tecnicamente, in un abuso) del potere attribuitole, così insanabilmente invalidando i provvedimenti assunti.
Appare inoltre frequente un altro clamoroso abuso delle autorità comunali. Le sopra eccennate aree a "parcheggio libero" sono state furbescamente sottoposte a un vincolo orario, così, di fatto, annullando e aggirando la disposizione della legge, che intende siano lasciate aree a libero parcheggio. Sopratutto in difficoltà è l'automobilista non residente il quale, ove sia ospite di amici e non cliente di un albergo, è praticamente inibito parcheggiare l'auto.
e. Osservando la cosa sotto il profilo dei soggetti amministrati, atteso che le limitazioni di cui al punto c, per la loro stessa natura di vincoli ad un diritto, presentano un intrinseco carattere eccezionale (e non possono perciò assurgere alla dignità ed importanza di un principio generale), non è assolutamente lecito che l'Autorità comunale le interpreti, con discrezionalità totalitaria, assoggettando al vincolo del pagamento la generalità del territorio comunale.
Il testo del "Codice della Strada" è infatti molto chiaro nel ribadire che debbono essere riservate adeguate aree a parcheggio libero. E ciò in applicazione dell'ineliminabile principio, costituzionalmente garantito, della libertà individuale di movimento sul territorio (sia esso comunale o meno). La trasformazione della eccezionale deroga prevista a detto principio, in regola assoluta, ottiene il risultato (illegittimo) di cancellare di fatto il diritto individuale ora indicato, decretandone l'inefficacia pratica.
f. In realtà, dunque, le autorità comunali incorrono così in una forma di grave abuso, che rende del tutto nulli gli atti amministrativi con i quali è stata posta in essere la "zona blu".
Si ponga mente alla situazione giuridica di riferimento: lo Stato ha concesso al Comune una delega per l'uso (debitamente circoscritto) del proprio potere sul territorio, autorizzandolo a riscuotere danaro a fronte dell'utilizzo di determinate aree a parcheggio (in sostanza: il territorio, dello Stato e del Comune, per principio giuridico generale, appartiene ai cittadini, quale bene comune, di cui ognuno a diritto di uso).
Questa delega è circoscritta e limitata ad una porzione dell'area cittadina: come abbiamo visto, infatti, il Comune è tenuto a lasciare corrispondenti aree libere.
Si osservi ora la situazione di fatto. Sul piano concreto, i Comuni hanno esteso il vincolo del pagamento a tutta l'area urbana, lasciando poche aree libere che tali, di fatto, non sono.
A parte la violazione della legge che è così realizzata, il Comune ha in tal modo trasformato una delega, ristretta e definita, in un potere illimitato e incircoscritto.
Esso ha alterato l'essenza giuridica del titolo in base al quale poteva operare, stravolgendo gli equilibri stabiliti dalla Costituzione fra le istituzioni.
L'ente comunale, operando materialmente oltre i confini previsti, si è appropriato surrettiziamente del potere dello Stato: illegalmente eliminando i limiti della potestà ricevuta dallo Stato ha trasformato una delega in un passaggio di poteri.
Difficile concepire qualcosa di maggiormente sovversivo delle regole costituzionali.
g. La sopra contestata regolamentazione dei parcheggi, si macchia di irregolarità anche sotto altro, diverso profilo.
Si può agevolmente constatare, infatti, che essa viene a generare una disparità di trattamento fra i cittadini, riproponendo, sotto diversa cornice giuridica, un'intrinseca incostituzionalità per violazione dell'art. 3 della Carta costituzionale.
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- Si osservi infatti che il cittadino anagraficamente residente, può ottenere un permesso di parcheggio (nella sua "zona"), a titolo quasi gratuito (e anche questo pur ridotto pagamento è giuridicamente inaccettabile perché ingiustificato).
Così invece non avviene per altri cittadini che, pur dimorando - per impegni di lavoro, od altro - nella stessa città, sono costretti, per disporre del richiamato permesso, ad un esborso specifico ed a prestazioni personali impegnative (documenti, attese, spostamenti, ecc.), onde ottenerlo.
Siamo in una ipotesi nella quale, a parità di condizioni, e di situazioni individuali, si attua una disparità di trattamento fra cittadini.
Sembra debba considerarsi acquisito il diritto, ove si abita, di poter liberamente parcheggiare la propria autovettura, come immediata conseguenza del diritto, costituzionalmente garantito, per il quale i cittadini possono liberamente insediarsi in qualunque punto del territorio nazionale lo desiderino.
L'esercizio di tale diritto non può subire limitazioni sulla semplice base di una evidenza anagrafica, dovendo ai nostri fini indiscutibilmente essere parificate le solo tecnicamente diverse ipotesi di residenza, domicilio e dimora.
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- Lo stesso fenomeno, e cioè la creazione di diseguaglianze di trattamento fra cittadini eguali, viene a verificarsi - a seguito delle indicate disposizioni comunali - anche fra coloro che abitano nelle periferie e quelli che invece risiedono nei quartieri centrali della città.
La posizione giuridica di queste due "categorie" di cittadini, è perfettamente identica, ma il rispettivo trattamento risulta essere del tutto diverso. I primi, possono liberamente parcheggiare l'auto, gli altri, per esercitare lo stesso diritto, subiscono una penalizzazione finanziaria.
Col risultato che chi non può pagare, non può parcheggiare.
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- Discriminazione ancor maggiore si rileva tra i cittadini residenti e quelli che invece provengono da altre città.
Questi ultimi, si trovano ad essere perseguitati da un sistema generalizzato di aree di parcheggio a pagamento che, in pratica, impedirebbe loro l'accesso alla città, se non accettassero di sottostare al taglieggiamento (al quale peraltro manca qualunque fondamento giuridico).
Ciò significa che i cittadini residenti in una città, ripetto a quelli di tutte le altre città italiane sono trattati, per questo motivo soltanto, in modo diverso e discriminato, mentre tutti si trovano ad essere cittadini italiani con eguali diritti e doveri di fronte alla legge. Alle Autorità comunali non è consentito porre discrezionali limiti o costrizioni a diritti costituzionalmente garantiti. Se limitazioni, per la tutela dell'interesse generale, devono essere imposte (nei limiti previsti dalla legge), queste debbono riguardare la generalità dei cittadini.
II - E' assiomatico che l'autovettura costituisca un mezzo di trasporto e che essa sia utilizzata proprio per lo spostamento fra località diverse, nell'esercizio del diritto alla libera circolazione.
Orbene, quando l'Autorità comunale divide il territorio cittadino in zone, per così dire, "a parcheggiabilità separata", di fatto, viene a negare il diritto alla mobilità sul territorio.
Facciamo un esempio. Quando il residente della "zona C" parcheggia sotto casa, egli non utilizza l'auto per lo scopo per il quale essa esiste: egli semplicemente la deposita. Anche nel far ciò, gli vengono imposte costrizioni, di cui abbiamo già sottolineato l'anomalia.
Ma quando lo stesso residente sposta il proprio parcheggio in altra "zona" della città, nell'esercizio del suo diritto alla libera circolazione, gli viene richiesto un (più o meno pesante) contributo finanziario.
Oltre alle illegittimità già sopra evidenziate, l'imposizione di detto obbligo comporta un'evidente limitazione al diritto alla mobilità, basata su una discriminazione di censo. Come tale non accettabile.
Si verifica, anche, che coloro che abitano sui confini fra "zone" diverse, si trovino costretti a volte a "sconfinare", perché i parcheggi nell'area di competenza sono già completamente utilizzati. Per una semplice questione di metri, il residente può essere sottoposto ad una penalizzazione finanziaria, che è priva di qualunque causale giuridicamente sostenibile, attesa l'identità della sfera giuridica riferibile dallo Stato ai soggetti così concretamente contrapposti.
Nel caso che il cittadino debba spostarsi da una ad altre "zone blu", viene ad essere sottoposto a pesanti oneri economici. Ora, subordinare al censo il diritto alla libera circolazione, significa violare gli articoli 3 e 16 della Costituzione.
III - E' infine da sottolineare l'aspetto forse più sconcertante e giuridicamente inconcepibile di queste illegittime imposizioni.
Occorre tenere presente che il parcheggio dell'auto non è un evento opzionale e facoltativo ma è invece intrinsecamente connesso all'oggetto auto.
Fin dal momento in cui la cosa "autoveicolo" viene ad esistere, essa automaticamente (e necessariamente, per poter svolgere la propria funzione) occupa uno spazio del suolo corrispondente al suo contorno esterno. E' un "quid" che non si può materialmente scindere dalla realtà stessa della cosa, né separarlo da questa. L'automezzo, se esiste, è sempre e comunque, "parcheggiato".
La tassa sulla proprietà dell'oggetto "autoveicolo" è perciò intrinsecamente comprensiva del "parcheggio" della stessa, poiché quest'ultimo altro non è che lo spazio che questo occupa sul terreno. In un certo senso, la circolazione è un parcheggio mobile.
Ciò posto, si evidenzia quanto sia giuridicamente delicato già il solo concepire un pagamento per il parcheggio in determinate zone di proprietà della collettività e quanto sia del tutto illegittimo pretenderlo in via generalizzata in tutta l'area cittadina. In pratica, ciò equivale a tassare l'occupazione del suolo (il "parcheggio") da parte degli edifici, così annullando le caratteristiche fondamentali del diritto di proprietà, quale potestà esclusiva ed assoluta.
Il cittadino che abita, o che si trova a passare,in qualunque città del Paese, ha perciò stesso, automaticamente, il diritto a parcheggiare la sua vettura nel luogo libero più a lui conveniente. O gli si toglie il diritto ad avere l'autovettura, oppure egli deve poterla parcheggiare.
E ciò senza essere costretto a pagare alcunché. Se, come si è visto, il posteggio è imprescindibile dal possesso dell'automezzo, chiederne il pagamento significa istituire un'imposta (aggiuntiva) sul bene.
E questa imposizione fiscale non rientra, com'è noto, fra i poteri del Comune.
Angelo Casella