di Gerolamo Taras - Quante volte, di fronte alla trascuratezza, con cui la Pubblica Amministrazione, solitamente (va bene, diciamo pure tante volte) risponde alle istanze dei cittadini, ci siamo voltati indietro … magari accompagnandoci con un nutrito seguito di imprecazioni … minacciando ricorsi a destra e a manca, ma sostanzialmente incassando il sopruso con rassegnazione. Nella convinzione che tanto non ci si sarebbe potuto fare niente. Il ricorso al TAR tra avvocati e spese di giudizio, sarebbe venuto a costare una barca di soldi.

Nella mia  esperienza professionale di funzionario pubblico, non avevo mai avuto modo di rilevare l' esistenza dell' art. 23 del codice del processo amministrativo Le parti possono stare in giudizio personalmente senza l'assistenza del difensore nei giudizi in materia di accesso e trasparenza amministrativa…( Nel c. 1 dell'art. 23 le parole "e trasparenza amministrativa" sono state inserite dall'art. 52, c. 4, lett. a), d.lgs. 14 marzo 2013 n. 33, pubblicato in G.U. del 5 aprile 2013 e in vigore dal 20 aprile 2013). Dobbiamo convenire che ci troviamo  veramente di fronte ad una buona norma, che facilita la difesa del cittadino  contro l' arbitrio dell' Amministrazione, in settori particolarmente delicati.

 

Sicuramente la disposizione era conosciuta dal signor  F. M. consigliere comunale di un comune della Sardegna, che ha perorato, senza alcuna assistenza legale, le proprie ragioni di fronte al TAR, anticipando la modica cifra di euro 321, ma prendendosi il gusto di far condannare la Pubblica Amministrazione al rilascio dei documenti richiesti ed alla rifusione delle spese.

 

F.M. aveva presentato istanza di accesso ad alcuni atti, riguardanti le assunzioni a tempo determinato ed a tempo indeterminato, effettuate da due società partecipate da un Ente Locale.  La richiesta veniva formulata dal ricorrente in qualità di consigliere comunale, al fine di espletare il proprio sindacato ispettivo e di controllo sulla gestione delle società partecipate dal Comune e, segnatamente, sul rispetto delle disposizioni introdotte dalla c.d. spending review sul contenimento della spesa pubblica per il personale.

Nessuna risposta era pervenuta dai soggetti intimati entro i trenta giorni dall'istanza di accesso, per cui si era formato il silenzio-diniego previsto dall'art. 25, comma 4 della Legge n. 241/1990. Di qui il ricorso con la richiesta di condanna delle società  all'ostensione dei documenti richiesti.

 

Le due società, costituitesi in giudizio, hanno eccepito l'inammissibilità del ricorso, sia per aver risposto all'istanza nei termini,  differendo l' adozione del provvedimento per motivi organizzativi e di privacy, sia ritenendo che l'art. 43, comma 2 del D. Lgs. n. 267/2000, non fosse applicabile nei loro confronti, in quanto società di diritto privato.

 

Secondo i Giudici (TAR Sardegna sentenza n. 00360/2014) l'atteggiamento interlocutorio delle due società, che avevano lasciato trascorrere i trenta giorni previsti dall' articolo 25, comma 4 della legge 241/90, senza l'adozione di alcun provvedimento, non avrebbe impedito la formazione del silenzio rigetto.

L' eccezione di inammissibilità del ricorso, è stata poi respinta per essere l'art. 43, comma 2 del D. Lgs. n. 267/2000, secondo il TAR, applicabile alle due società, anche se, formalmente, di diritto privato,.

A questo proposito il Collegio richiama tutta la giurisprudenza formatasi sul diritto di accesso del consigliere comunale, di cui all' art. 43, comma 2 del D. Lgs. n. 267/2000  I consiglieri comunali e provinciali hanno diritto di ottenere dagli uffici, rispettivamente, del comune e della provincia, nonché dalle loro aziende ed enti dipendenti, tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all'espletamento del proprio mandato. Essi sono tenuti al segreto nei casi specificamente determinati dalla legge.

"Com'è noto, si tratta di un diritto che trova il suo presupposto non nella generale previsione degli articoli 22 e seguenti della L. n. 241/1990 relativa all'accesso del privato ai documenti amministrativi, bensì nello specifico potere di verifica e di sindacato che spetta ai membri del Consiglio, in funzione del proprio mandato elettivo, sulla correttezza e l'efficacia dell'operato dell'amministrazione comunale".

 

"In particolare, come precisato dalla Sezione con la sentenza n. 1040 del 29.11.2012, il diritto di accesso riconosciuto ai componenti degli organi rappresentativi degli enti territoriali, ha un'indole profondamente diversa da quella che contraddistingue il diritto di accesso ai documenti amministrativi, riconosciuto alla generalità dei cittadini, essendo sganciato dalla titolarità di un interesse diretto, concreto ed attuale correlato all'esigenza di tutela di situazioni giuridicamente rilevanti: infatti, mentre in linea generale il diritto di accesso è finalizzato a permettere ai singoli soggetti di conoscere atti e documenti per la tutela delle proprie posizioni soggettive eventualmente lese, quello riconosciuto ai consiglieri degli organi elettivi è strettamente funzionale all'esercizio del proprio mandato, alla verifica e al controllo del comportamento degli organi istituzionali decisionali dell'ente territoriale, ai fini della tutela degli interessi pubblici (piuttosto che di quelli privati e personali) e si configura come peculiare espressione del principio democratico dell'autonomia locale e della rappresentanza esponenziale della collettività".

 

Quanto ai destinatari passivi della norma "la giurisprudenza ricomprende costantemente, fra i soggetti tenuti all'ostensione dei documenti amministrativi, pure quelli con personalità giuridica di diritto privato che siano gestori di pubblici servizi; essi devono garantire l'accesso in relazione all'esercizio del pubblico servizio loro affidato (quale è senz'altro lo smaltimento e il trattamento dei rifiuti urbani svolto dalla partecipata del Comune), che come tale è riconducibile ad un interesse della collettività".

 

Peraltro la giurisprudenza ha avuto modo di chiarire che "l'attività nei cui confronti deve essere garantito il diritto di accesso non è solo quella di diritto amministrativo, ma anche quella di diritto privato, posta in essere dai soggetti gestori di pubblici servizi che, pur non costituendo direttamente gestione del servizio, sia collegata a quest'ultima da un nesso di strumentalità derivante anche, sul versante soggettivo, dalla intensa conformazione pubblicistica".

 

Alla richiesta di accesso agli atti da parte del consigliere comunale non può, nemmeno, essere opposto il limite della riservatezza dei terzi, essendo il consigliere comunque tenuto al vincolo del segreto.

 

Riservatezza che, in ogni modo, non sussiste nella fattispecie in quanto  in base all'articolo 17 del D. Lgs. n. 33/2013, le pubbliche amministrazioni hanno l'obbligo di pubblicare annualmente "l'elenco dei titolari dei contratti a tempo determinato". E sebbene quest' obbligo non sia riferito alle società partecipate e controllate,  "la previsione normativa  esclude in radice la sussistenza di un problema sulla tutela della riservatezza dei soggetti coinvolti nelle pubblicazioni in parola e, segnatamente, di un diritto a non veder pubblicato il proprio nome".

 

Viene pertanto dichiarato il diritto del ricorrente ad ottenere i documenti richiesti, senza alcun onere per il rilascio delle relative copie, attesa la sua qualità di consigliere comunale.

 

Spese, comunque,  limitate per le soccombenti, essendosi, come sopra esposto, il sig. M. difeso personalmente ai sensi dell'art. 23 del D. Lgs. n. 104/2010.

 

 

 

 

TAR Sardegna, sezione seconda, sentenza n. 00360/2014
Gerolamo Taras - dott.ninotaras@gmail.com - Altri articoli di questo autore

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