di Licia Albertazzi - Corte di Cassazione civile, sezione seconda, sentenza n. 11991 del 28 Maggio 2014.
L'eccezione di prescrizione presuntiva è lo strumento processuale che consente una inversione dell'onere della prova in merito all'avvenuto adempimento di un obbligo di pagamento: il debitore che la eccepisce deve solo dimostrare l'avvenuto decorso del termine temporale, mentre il creditore ha l'onere di provare la mancata soddisfazione del credito (Si veda: Cassazione: la prescrizione presuntiva. Come può l'avvocato dimostrare che il cliente non ha pagato).
Nel caso preso in esame dai giudici di piazza Cavour, nell'ambito di un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo (emesso per il pagamento della parcella di un avvocato), i giudici di merito avevano applicato la prescrizione presuntiva triennale del credito ex art. 2956 codice civile) anche se le parti debitrici si erano limitate a contestare la congruità del credito azionato, ammettendo quindi la mancata estinzione del debito.
La Cassazione riformando la sentenza hanno ricordato che secondo la giurisprudenza consolidata della Corte "l'ammissione del debitore di non avere estinto il debito ovvero la contestazione, da parte dello stesso, dell'entità del credito azionato, comporta, ai sensi dell'articolo 2959 del codice civile il rigetto dell'eccezione di prescrizione (cassazione n. 12771/2012 n. 14927/2010 e n. 21107/2009).
La contestazione del quantum del credito vantato, durante i gradi di merito, implica una sostanziale ammissione di persistenza del credito.
In altri termini, ricorda la Corte, non può essere accolta l'eccezione di prescrizione presuntiva in tutti quei casi in cui il debitore ammetta di non aver estinto il debito oppure contesti anche implicitamente l'entità delle somme richieste.
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