Avv. Francesco Pandolfi - diritto militare.
Missioni: Libano 1 Libano 2
E' giusto che un militare debba subire la norma sulla prescrizione del diritto ad incassare somme pagabili periodicamente, quando è invece lo Stato datore di lavoro che, pur riconoscendo il diritto alla speciale diaria di missione siccome prevista per legge, non la eroga?
E' il caso, incredibilmente ancora attuale, di "Libano 1" e "Libano 2", dove lo Stato era ed è latitante sulle indennità derivanti dalle storiche missioni; centinaia i militari costretti a ricorrere avanti il Tar per vedere riconosciuti i loro diritti.
All'epoca, il Governo italiano dispose l'invio di un battaglione con lo scopo di assicurare l'incolumità fisica del personale palestinese in partenza da Beirut e degli abitanti della regione di Beirut stessa e favorire il ristabilimento della sovranità e delle autorità del Governo libanese.
La missione si svolse nel periodo dal 23 agosto all'11 settembre 1982 e affidata al 2° battaglione bersaglieri "Governolo", composto da 1 Compagnia Comando, 2 Compagnie meccanizzate, 1 plotone genio e 1 plotone carabinieri, per un totale di 519 uomini (40 Ufficiali, 81 Sottufficiali e 389 militari di truppa) con al seguito circa 200 mezzi tra ruotati e cingolati.
A seguito di tragici avvenimenti accaduti nei campi palestinesi di Sabra e Chatila, alla periferia ovest di Beirut e alle consultazioni tra il Governo
libanese ed il Segretario Generale delle Nazioni Unite, in applicazione della Risoluzione 521 del Consiglio di Sicurezza, il Governo libanese chiese ad alcuni Paesi, tra cui l'Italia, una Forza multinazionale da interporre in località concordate, ciò al fine di assicurare il ristabilimento della sovranità e dell'autorità del Governo libanese nell'area di Beirut e, nel contempo, garantire l'incolumità della popolazione.La missione italiana denominata ITALCON, si sviluppò nel periodo dal 24 settembre 1982 al 6 marzo 1984. La forza media del contingente fu di circa 2.300 uomini di cui 1.550 destinati alle attività operative e 750 a quelle logistiche.
L'impegno complessivo fu di 8.345 persone di cui 595 Ufficiali, 1.150 Sottufficiali, 6.470 militari di leva e 130 Infermiere volontarie.
Durante la missione si ebbero 75 feriti ed un deceduto.
Stranamente lo Stato, con molti di questi suoi soldati, non ha pagato l' indennità di missione che per legge era tenuto a corrispondere ai suoi militari delle missioni «Libano 1» e «Libano 2»; per anni ha partecipato al contenzioso attivato dagli aventi diritto giungendo ad alcune sentenze del Tar Lazio di condanna del ministero della Difesa e del Tesoro a riconoscere il diritto dei soldati a ricevere le loro spettanze: in media attorno ai 15mila dollari dell'epoca da maggiorare con il calcolo di oltre 25 anni non solo di interessi legali ma anche di rivalutazione monetaria.
E' riuscito comunque nel suo intento, visto che il Tar nel riconoscere il diritto dei soldati a vedersi pagare dopo 25 anni l' indennità di missione giornaliera, ha dovuto limitarlo soltanto ai militari che avevano interrotto la prescrizione quinquennale nel caso della missione «Libano 2» e la prescrizione decennale nel caso della «missione Libano 1».
In particolare, la sentenza 7437/01, rileva "…tutti i ricorrenti sono stati comandati in missione all'estero ( Libano ) per vari periodi e sostengono di avere diritto alla maggiorazione della diaria di cui al decreto legge n° 686/1982."
Il motivo di ricorso era: violazione del decreto legge n° 686/82 convertito in legge n° 870/82 nonché eccesso di potere. Ciò in quanto ai numerosi ricorrenti non è stata mai liquidata la maggiorazione del 40% dell'assegno di lungo servizio previsto dalla disposizione legislativa su richiamata, che competeva a prescindere dall'impiego e dall'inizio della missione.
L'Amministrazione non ha contestato il diritto dei ricorrenti ma si è limitato a rilevare il possibile intervenuto pagamento ovvero la prescrizione del diritto.
Nel merito, il Tar ha accertato che è fuori discussione il fatto che i ricorrenti abbiano partecipato alle missioni in Libano e che ai medesimi competeva a tale titolo la missione ex lege 686/82 e, questa circostanza, non è contestata dalla resistente la quale parla solo di prescrizione eventuale.
In definitiva il Tar ha riconosciuto il diritto a percepire l'indennità e ha sancito di verificare quanto eventualmente già riscosso o quanto caduto in prescrizione quinquennale trattandosi di somme pagabili periodicamente.
Quello della prescrizione, e quindi dei limiti di tempo entro i quali agire per domandare la diaria, è un problema mal posto.
In effetti, se lo Stato deve pagare per legge un'indennità ciò significa che tale indennità va consegnata al militare dipendente senza che costui si trovi costretto a farne richiesta; in altri termini deve sussistere un "automatismo" tra momento in cui nasce il diritto del militare a percepire la specifica indennità, o diaria (in forza di una legge), e la concreta attuazione amministrativa del diritto, non potendosi condizionare il riconoscimento del diritto ad una domanda del dipendente militare in missione, stragiudiziale o giudiziale che sia.
Se lo Stato deve corrispondere per legge una particolare indennità e non lo fa, semplicemente questo denaro era, all'epoca, ed è oggi, ancora nelle sue casse.
Ora, la sentenza del Tar accerta l'esistenza del diritto ma lo circoscrive al tempo di prescrizione: in realtà il diritto già esisteva senza il bisogno di un esplicito accertamento giudiziale, in quanto la legge lo disciplinava espressamente.
Utilizzando i criteri di equità e ragionevolezza, non può quindi addossarsi al militare l'onere di attivarsi per la domanda, quando è la parte datoriale ad aver "trattenuto indebitamente" le somme a danno del dipendente.
L'unica condotta condivisibile dello Stato puo' quindi essere solamente quella di non pagare se le somme nel caso siano state già pagate, ciò al fine di evitare una duplicazione.
L'intera questione meriterebbe pertanto di essere completamente rivista facendo leva sul principio di nullità del contratto e sulla imprescrittibilità dell'azione.
Sono tanti i militari attualmente interessati alla fattispecie; appare auspicabile una rivisitazione dell'intera complessa e annosa vicenda al fine di mettere in luce tutti gli aspetti contraddittori che riverberano i loro effetti sulle posizioni dei singoli aventi diritto.
Avv. Francesco Pandolfi specializzato in diritto militare
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