Inizialmente, prima ancora del ritrovamento del corpo, le attenzioni degli inquirenti si erano concentrate sul marocchino Mohamed Fikri. Contro di lui il principale indizio era dato da un'intercettazione ambientale secondo cui sembrava avesse detto "Allah perdonami, non l'ho uccisa". In realtà la traduzione era risultata sbagliata. La posizione del marocchino sarà successivamente archiviata essendo stata accertata la sua estraneità alla vicenda.
È stato il corpo della giovanissima atleta di Brembate, rinvenuto in maniera del tutto occasionale nel febbraio del 2011 in un campo di Chignolo d'Isola, a dare il vero impulso alle indagini. Indagini di impronta scientifica (almeno nell'avvio) che, dopo oltre 3 anni di lavoro - robusto, intenso, costoso e da più parti molto criticato - sembrano aver finalmente attribuito un volto e un nome al colpevole. O, quantomeno, hanno individuato - con un margine di errore inferiore allo 0,001% - l'uomo che ha lasciato traccia del proprio DNA su leggings e indumenti intimi della ragazzina.
Fu infatti proprio il "fortunato" ritrovamento di una macchia di sangue estraneo sul corpo della piccola, a dare il la alla mappatura genetica di quasi 18.000 persone fra Brembate, Chignolo e paesi limitrofi. Ma, esattamente come accade nelle scoperte scientifiche, la costanza e la determinazione di inquirenti e genetisti forensi avevano bisogno di qualche coincidenza fortunata che desse l'accelerazione e il giusto incanalamento alle lunghe e complesse ricerche. La prima di queste coincidenze provvidenziali fu l'"incontro" con un DNA molto simile a quello repertato sul cadavere: apparteneva ad un giovane che frequentava la discoteca di Chignolo d'Isola, il quale tra l'altro - pochissimo tempo dopo il prelievo - avrebbe lasciato l'Italia! Si capì allora di aver trovato un parente del presunto assassino; ma la strada fu meno breve di quello che si pensava, perché fra gli uomini biologicamente legati al giovane il "titolare" della traccia di sangue non si trovava.
Ma a questo punto ci fu un'altra scoperta determinante: uno zio ormai defunto del "ragazzo della discoteca" aveva un profilo genetico (estrapolato da una marca da bollo della patente!) ancora più somigliante a quello ritrovato sugli slip e sui pantaloni della povera Yara: era con ogni probabilità il padre del killer! Di nuovo, però, l'entusiasmo fu smorzato da un temporaneo stop, poiché nessuno dei 3 figli (noti) dell'uomo risultava essere cromosomicamente identico a quello che aveva lasciato il suo sangue sul corpo della vittima.
Ma poi, l'illuminazione sulla necessaria esistenza di un figlio naturale. Ancora ci fu da lavorare per anni (era come cercare un ago in un pagliaio), ma con la consapevolezza di avere imboccato la pista giusta. Fino a quando un banale test etilico effettuato su un 44enne durante un (apparente) controllo di routine della polizia stradale ha dato la risposta che si attendeva da tempo.
Qui si seguito la rassegna stampa:
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