È escluso il reato di diffamazione, se l'offesa, diretta a terzi, è inviata tramite sms. Lo ha affermato la quinta sezione penale della Cassazione, nella sentenza n. 22853 del 31 maggio scorso, in una vicenda inerente la condanna, per diffamazione, irrogata nei confronti di una madre a causa di un messaggio inviato al telefonino della figlia contenente offese riguardanti una terza persona. 

Annullando la decisione del Tribunale di Catania, che in sede di appello confermava la sentenza del Giudice di pace, la Cassazione ha ritenuto fondato il ricorso della madre rinviando al giudice per un nuovo esame.

Secondo la S.C., infatti, per integrare il delitto di diffamazione occorre non solo l'elemento psicologico consistente nella consapevolezza di pronunciare (o scrivere) frasi lesive della reputazione altrui, ma altresì la volontà che le offese denigratorie siano conosciute da più persone

Per concretizzare la diffamazione, pertanto, è necessario che l'autore comunichi, ad una o più persone, il contenuto lesivo della reputazione altrui, con modalità tali che la "notizia" sia portata sicuramente a conoscenza di terzi, come avverrebbe se l'sms fosse inviato in una chat di gruppo, pubblicato in un social network, ecc.

Invece, l'invio di un sms privato, pur contenendo un messaggio diffamatorio non fa scattare il reato di diffamazione, poiché evidenzia la volontà dell'agente di non diffondere o comunicare a terzi il contenuto offensivo espresso nei confronti di un altro soggetto. 

Diversamente, per la Cassazione, l'sms denigratorio, inviato direttamente al soggetto destinatario dell'offesa, farebbe scattare il reato di ingiuria.

 


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