di Angelo Casella
A conclusione delle considerazioni già in altra sede svolte in argomento, è possibile sintetizzare alcuni conclusivi concetti essenziali.
Come già sappiamo, democrazia, dal greco demos cratia, significa potere del popolo. Un principio ripreso anche dalla Costituzione italiana (art. 1), per la quale: "La sovranità appartiene al popolo", anche se si soggiunge che questo "la esercita nei limiti stabiliti". Contraddittoria statuizione, in quanto se è sovranità, non può essere soggetta a dei limiti: se è il popolo che deve comandare, questo deve fare senza condizionamenti e limiti.
Ad ogni modo, appare subito chiaro che si tratta di una forma politica che poteva avere una funzionalità dove nacque, cioè nella città-stato greca, dove esisteva un rapporto diretto, anche fisico, tra popolo e governanti.
Nel nostro modello attuativo odierno, constatiamo invece che (al di là delle enunciazioni), sul piano dei fatti concreti, il popolo esercita la sua (pur ovvia) sovranità solo in un momento preciso, di regola ogni cinque anni, quando è chiamato a votare. Anche qui, già lo scopo specifico del voto, la scelta dei rappresentanti, è stato illegittimamente abolito, così che il popolo sovrano oggi può scegliere solo dei contenitori (i partiti) il cui contenuto resta in gran parte indecifrabile. Abbiamo infatti visto, ad esempio, che chi aveva votato per il Partito Comunista, si è inopinatamente ritrovato in un altro partito, che aveva cambiato, con il nome, anche gli ideali da portare avanti. Tutto da solo.
Dato e non concesso che le elezioni non vengano truccate, come chi ha il potere può fare (ed ha fatto), dopo questo breve momento, ecco comunque che la "sovranità" del popolo svanisce nel nulla.
Una volta prodotti Parlamento e governo, il popolo, da sovrano, diventa cameriere e nulla più può determinare in ordine a ciò che per lui conta (e per il quale ha votato): sviluppo economico, livello del benessere, equità sociale, servizi, scuola qualificata, sanità efficiente, ecc.
Il potere di decidere in ordine a tutto ciò, passa al governo (teoricamente, al Parlamento), che lo esercita in modo del tutto autonomo: al popolo non è lasciata neanche una sia pur minima possibilità di influire sulle scelte del governo.
Quest'ultimo può fare - e di fatto, fa - tutto ciò che vuole e come vuole, esclusivamente in base alle proprie valutazioni. Spesso anzi, con precisa arroganza, procede formalmente contro la volontà che il popolo ha manifestato con l'unico mezzo che gli è rimasto, la piazza ( pagandone a volte pesanti conseguenze, come si è visto nel caso delG8 di Genova). Più recenti esempi di questa aperta divergenza li abbiamo visti nei casi Tav in Val di Susa, della nuova base americana a Vicenza, delle centrali nucleari, del ponte sullo Stretto, delle privatizzazioni selvagge, ecc., ecc.
Tutto ciò avviene anche perchè il potere pubblico è direttamente influenzato (e, come è spesso emerso, con qualche semplice telefonata) da altri centri di potere esistenti nella società: il potere finanziario, industriale (economico, in genere), religioso, massonico, criminale, di potenze straniere, ecc.
Tra questi altri poteri, non troviamo il popolo (termine che significala società nel suo insieme), proprio l'unico che dovrebbe contare nel sistema democratico, ma che è privo di telefono con le stanze del potere pubblico. Il popolo è anzi imbonito, mistificato, frastornato, illuso, diviso, ingannato, omologato, da chi di fatto ha il potere (sulla polizia, sui mezzi di comunicazione e su tutti gli strumenti di gestione della collettività).
Le cose sono ancora peggiorate da quando, specie con lo sciagurato premio di maggioranza, la parte che arriva al governo, pretende di prendere possesso di tutto il Paese, compresa l'anima (cioè la cultura), decidendo su ogni cosa a proprio piacimento ed interesse, annullando lo stesso principio che giustifica la pluralità parlamentare, per il quale le decisioni concernenti la collettività debbono essere assunte anche da chi è rimasto in minoranza alle elezioni (ma non per questo ha cambiato Paese).
Il popolo, dunque, non è un potere nel sistema politico, ed è perciò - politicamente - un nulla assoluto.
Il persistito utilizzo del termine demo-crazia è allora qui totalmente inappropriato e fuori posto.
Il sistema in atto si può correttamente definire solo come oligarchia autocratica.
Angelo Casella