Il rifiuto di sottoporsi agli accertamenti previsti dalla legge per chi è sospettato di essersi messo alla guida sotto effetto di stupefacenti integra il reato previsto dall'art. 187, commi 3 e 4, del Codice della Strada.
Lo ha chiarito la quarta sezione penale della Corte di Cassazione, con sentenza n. 29287 depositata il 4 luglio scorso, in una vicenda riguardante una persona imputata del reato di guida in stato di alterazione psicofisica per uso di sostanze stupefacenti, la quale aveva opposto rifiuto, all'invito della polizia di sottoporsi agli accertamenti sanitari (nella specie, un prelievo), motivato dal fatto di non aver riportato lesioni dal sinistro.
La S.C. ha sottolineato come, se è possibile per il conducente opporsi agli accertamenti sanitari non necessari per finalità diagnostico-terapeutiche, diverso è il caso in cui gli stessi siano richiesti per scopi investigativi, volti a verificare le condizioni psicofisiche del conducente, anche se lo stesso non riporti alcuna lesione in seguito ad un eventuale sinistro.
In tali ipotesi, secondo la Suprema Corte, considerato che finalità terapeutiche ed investigative procedono su binari diversi, il rifiuto di sottoporsi agli accertamenti è illegittimo, integrando il reato previsto dall'art. 187 C.d.S.
Come si legge nella parte motiva della sentenza, gli accertamenti previsti dall'articolo 187 del Codice della Strada (comma 2, 2 bis e 3) non corrispondono a quelli praticati per necessità terapeutica (caso in cui le lesioni riportate richiedano cure e trattamento ospedaliero). Si tratta piuttosto di esami richiesti dagli agenti quando c'è motivo di ritenere che il conducente si trovi alla guida sotto l'effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope e non necessiti di cure e trattamento ospedaliero.