Considerate sia la spiccata potenzialità offensiva che la destinazione all'uso dei moderni armamenti delle forze militari e di polizia, la pistola "calibro 9 parabellum" si deve considerare arma da guerra e non da sparo.
Così ha stabilito la prima sezione penale della Corte di Cassazione, con sentenza n. 25388 del 13.6.2014, ritenendo fondato il ricorso del procuratore generale della Repubblica, avverso la sentenza del gip del Tribunale di Brescia che, riconosciuta la continuazione e con la diminuente del rito, applicava la pena di due anni di reclusione e di euro 2000 di multa, all'imputato del reato di detenzione e porto illecito di una pistola cal. 9 parabellum, ritenendola arma comune da sparo.
Il procuratore ricorrente denunciava l'illegittimità della sentenza per violazione delle norme incriminatrici in materia di armi contestate, argomentando che il giudice delle prime cure aveva errato nella qualificazione giuridica della condotta, laddove non aveva considerato la pistola calibro 9 parabellum arma da guerra ma arma comune da sparo.
Allo stato attuale della specifica normativa (l. n. 185/1990, l. n. 110/1975 e d. lgs. n. 204/2010), la Corte, convenendo con il procuratore ricorrente, ha rinvenuto l'errata qualificazione della condotta da parte del giudice territoriale, poiché, in riferimento all'arma de qua, doveva essere contestato "il più grave reato di porto e detenzione di arma da guerra".
Per questi motivi, la S.C. ha accolto il ricorso e annullato la sentenza, senza rinvio, con trasmissione degli atti al gip del Tribunale per l'ulteriore corso.