Avv. Francesco Pandolfi
cassazionista
Esclusione da concorso, volontari di truppa in ferma prefissata.
La pendenza di un procedimento penale o l'esistenza di una sentenza penale di condanna non sono sufficienti, di per se stessi, a sorreggere una valutazione negativa della Pubblica Amministrazione: occorre invece una puntuale valutazione delle specifiche circostanze del caso, da porre in relazione ad altri elementi concreti significativi di una condotta non esemplare.
Lo dice il Consiglio di Stato sezione 4, con sentenza n° 5762 /2012: con ricorso al TAR del Lazio il sig. MR impugnava il provvedimento 111 prot. xxx con il quale era stato escluso dalla partecipazione alle selezioni per il I blocco del bando di reclutamento per il 2011 di n. 11520 volontari di truppa in ferma prefissata di un anno nell'Esercito per avere dichiarato il falso, in relazione al titolo di studio posseduto, ed avere dimostrato, quindi, di non possedere il "...requisito di moralità e condotta incensurabili...".
Con sentenza n. 7373 del 19 settembre 2011 il Giudice territoriale ha rigettato il ricorso ritenendo infondate tutte le censure proposte sulla base di motivazione che così può essere riassunta: - inidoneità della giustificazione che si trattasse di mero errore materiale commesso nella ressa della fila creatasi per la presentazione delle domande poiché il termine concesso dal bando era di tale ampiezza da consentire di formulare la domanda prima e con precisione; - il possesso da parte dell'interessato del documento relativo al titolo di studio esclude, anche per altro verso, ogni possibilità di considerare la dichiarazione resa un mero errore materiale; - le norme concorsuali e di legge prevedono che la carenza anche di un solo requisito comporti l'esclusione, per cui il comportamento tenuto dall'Amministrazione era vincolato; - non v'era alcun obbligo della P.A. di notificare l'avviso di avvio del procedimento di esclusione in quanto quest'ultimo è ad istanza di parte; - non si applica l'art. 10 L. 241/90 sul preavviso di rigetto trattandosi di procedimento concorsuale.
Con l'appello indicato in epigrafe il sig. R ha contestato la fondatezza della decisione del primo Giudice e ha chiesto che, in riforma integrale della stessa, venga accolto il ricorso di primo grado per i seguenti motivi:- motivazione illogica e contraddittoria; violazione e falsa applicazione dell'art. 35 comma 6 d.lgs n° 165/00; violazione e falsa applicazione dell'art. 26 L. n° 53/89; violazione e falsa applicazione dell'art. 124 del RD n° 12/41; eccesso di potere per illogicità manifesta e per contraddittorietà;- violazione della legge. 241 del 1990 per difetto assoluto di motivazione e di congrua istruttoria.
L'appello è stato ritenuto fondato.
L'appellante sostiene con i sui due motivi di impugnazione quanto segue: che l'erronea indicazione del voto con il quale ha conseguito il diploma di scuola secondaria di primo grado non integrerebbe l'ipotesi di carenza dei requisiti di moralità, di cui all'art. 35 , comma 5 d.lgs. n° 165/01, né di condotta incensurabile, di cui all'art. 124 del RD n° 12/1941 perché detta indicazione non potrebbe avere valenza di "dichiarazione mendace" difettando il dolo; che la motivazione allegata dall'Amministrazione sarebbe tautologica e comunque insufficiente, nonché priva di ogni riscontro istruttorio, perché non sarebbe stata dimostrata l'intenzionalità dell'errore che, invece, avrebbe natura mera e, dunque, sarebbe inidoneo a sorregge l'esclusione comminata, in assenza di accertata mala fede del dichiarante; che il TAR avrebbe errato a ritenere che il ricorrente non abbia contestato "il fatto presupposto" perché ha specificamente eccepito, sia la natura di mero errore materiale della dichiarazione resa, sia che il requisito di partecipazione sarebbe costituito, a ben vedere, dal diploma scolastico conseguito e non dal voto, in disparte il rilievo che l'errore è stato commesso, per così dire al ribasso, avendo comportato l'indicazione soltanto di 1 punto in più, mentre il punteggio poteva essere ben superiore (3 o 4), se effettivamente vi fosse stata l'intenzione di dichiarare il falso da parte del ricorrente.
Dette critiche possono essere condivise per le seguenti considerazioni.
Il quadro normativo di riferimento della fattispecie è costituito: dall'art. 4., lettera h), della legge n° 226/04 che, ai fini del reclutamento dei volontari in ferma prefissata di un anno che richiede agli aspiranti il possesso del requisito di moralità e condotta previsto dall'art. 5 comma 6 d. lgs. N° 165/01; da detta ultima norma che dispone che, ai fini delle assunzioni di personale presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri e presso le Amministrazioni che esercitano competenze istituzionali in materia di difesa e sicurezza dello Stato, di polizia, di giustizia ordinaria, amministrativa, contabile e di difesa in giudizio dello Stato, è richiesto il possesso delle qualità morali e di condotta stabilite per l'ammissione ai concorsi della magistratura ordinaria, in applicazione dell'articolo 26 L. n° 53/89; dal bando di arruolamento che ha indicato, tra gli altri requisiti, quelli morali e di condotta di cui al già citato art. 35, il cui possesso è prescritto pena l'esclusione dall'arruolamento stesso; dall'art. 124 ultimo co RD n° 12/41, come sostituito dall'art. 6 dlgs n° 398/97, che prescrive, per quanto qui rileva, che sono esclusi dalla procedura di arruolamento i candidati che, per le informazioni raccolte, "...non risultano di condotta incensurabile...".
Ciò precisato, ha osservato il Collegio che, nel caso in esame, non emergono elementi univoci e concordanti per ritenere che la dichiarazione operata dal ricorrente sia ascrivibile alla fattispecie della "...dichiarazione mendace...", anziché all'ipotesi di "...mero errore materiale...", avuto riguardo: per un verso, alle circostanze in cui sono avvenuti i fatti (compilazione del modulo in condizioni di disagio, cioè in fila e di fretta), che non sono contestate in fatto dall'Amministrazione ma soltanto giudicate non idonee dal TAR ai fini della verifica della responsabilità del ricorrente; per altro verso, alla possibilità che l'interessato sia incorso in una mera dimenticanza, trattandosi di elementi risalenti ad anni addietro;per altro verso, ancora, alla verifica, da parte dell'Amministrazione, se in base all'effettivo punteggio del diploma scolastico posseduto dall'interessato, quest'ultimo, comunque avrebbe ottenuto un punteggio utile all'arruolamento anche se non avesse commesso l'errore contestatogli, al fine di ritenere provata la non mala fede del dichiarante e, dunque, l'assenza di una "...dichiarazione mendace...".
In ogni caso, osserva, ulteriormente, il Collegio, consonando con l'avviso già espresso in caso analogo da questa stessa Sezione (cfr. n. 3854 del 22 giugno 2006), che, quand'anche potesse configurarsi una (isolata) dichiarazione mendace, essa sarebbe comunque inidonea ad integrare, ex se, quella mancanza di "...condotta incensurabile..." prevista dalle norme come preclusiva dell'accesso concorsuale in questione.
L'incensurabilità, invero, non può essere considerata equivalente alla mancanza assoluta di precedenti negativi, sol che si tengano presenti i principi garantistici in materia (i quali assumono valore paradigmatico) che escludono che la pendenza di un precedente penale o la stessa esistenza di una sentenza penale di condanna siano sufficienti, di per sé stessi, a sorreggere una valutazione negativa della Pubblica Amministrazione (Cons. Stato, VI Sez., 26 ottobre 1987 n. 852) ed, ancora, che impongono una puntuale valutazione delle specifiche circostanze del caso, possibilmente in relazione ad altri elementi concreti significativi di una condotta non esemplare (cfr., ibidem, decisione VI^ Sez. citata).
In sintesi, ritiene il Collegio che, nel caso specifico in esame, l'addebito contestato al sig. R con il provvedimento di esclusione impugnato non sia riconducibile al paradigma normativo ricavabile dalle fonti citate nel capo di motivazione che precede e che, in ogni caso, infici la legittimità di detta esclusione la carenza di un benché minimo accertamento comportamentale, anche sotto il profilo della buona fede, invero necessario che, pur essendo espressione di un ampio apprezzamento di merito dell'Amministrazione, non è sottratto, però, quanto alla ragionevolezza delle conclusioni cui esso è finalizzato, alla cognizione del Giudice Amministrativo.
In conclusione, l'appello esaminato merita l'accoglimento e, per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, deve essere annullato il provvedimento impugnato.
Avv. Francesco Pandolfi diritto militare diritto amministrativo
328 6090 590 skype: francesco.pandolfi8
francesco.pandolfi66@gmail.com