Come sappiamo la Legge 220/12, al secondo Comma dell'Art. 63 Disp. di Att. del Codice Civile, prevede che i creditori non possano agire nei confronti dei Condòmini in regola con i pagamenti se non dopo aver cercato di escutere i Condòmini morosi.
In un precedente articolo (Condominio: Fatta la legge trovato l'inganno) abbiamo visto che ciò, risultando "indigesto" ai creditori stessi, ha già di fatto indotto i fornitori "muniti di rubinetto" (gas, acqua, energia elettrica) ad accelerare le procedure di preavviso di distacco delle utenze (mettendolo nella gran parte dei casi in essere già al mancato pagamento anche di una sola bolletta); in atro modo quindi hanno sicuramente ottenuto di "tirare in ballo" anche i Condòmini "Virtuosi", costretti spesso a sanare "di corsa" le mancanze di cassa create dai loro vicini invece morosi, per non ritrovarsi senza le forniture e quindi i servizi essenziali.
Nell'ultimo periodo a rendere vano l'intento del Legislatore di preservare, almeno in prima istanza, i Condòmini in regola con i pagamenti si sta sempre più profilando anche un ulteriore nuovo "trend", che sta facendo si che anche gli gli altri eventuali creditori, quelli non dotati di "rubinetto" da poter chiudere, possano di fatto ottenere lo stesso risultato, costringendo i soliti "virtuosi" ad anticipare di tasca propria al posto dei vicini; questo "trend" consiste nel pignorare il conto corrente condominiale.
Il pignoramento del conto corrente condominiale, impedendo qualsiasi pagamento e qualsiasi altra azione, su diretto "ordine" del Giudice, che possa distogliere capitali dal conto stesso (apertura altro conto, ecc.), non potrà che portare agli stessi effetti appena accennati; per tutto il periodo del pignoramento (eseguito magari da chi ha rifatto la facciata, sostituito la caldaia o più semplicemente dall'impresa delle pulizie) infatti non sarà possibile pagare anche le bollette e quindi o si pagherà il creditore che ha messo in essere il pignoramento, oppure, pur in presenza di denaro sul conto corrente, si rischierà il distacco delle utenze.
Su diversi risvolti della Riforma Condominiale ci siamo sentiti dire che "non bisogna leggere" solo quanto effettivamente scritto nei nuovi articoli del codice civile, ma occorre analizzare l'intero iter parlamentare della stessa riforma, nonché la precedente giurisprudenza consolidata e gli intenti primari del legislatore; ci è stato raccontato, ad esempio, che il fondo per i lavori straordinari deve intendersi "precostituito" anche se quest'ultima parola non è presente nel codice civile, ma questo era l'intento del legislatore; ci è stato "spiegato" che il rinnovo annuale "automatico" del mandato dell'amministratore, seppur non chiarissimo quanto oggi riporta il relativo Articolo, possa essere preso in considerazione solo per l'eventuale seconda annualità, perché nella prima ipotesi di riforma approvata al Senato si paralava di mandato biennale, qualcuno addirittura, in base a tale teoria, ha ipotizzato che qualora al terzo anno non fosse presente il necessario quorum per la conferma del mandato, l'amministratore debba considerarsi "automaticamente" decaduto, lasciando così il condominio privo del proprio rappresentante legale (?!).
Teorie forse corrette o forse distorte, sicuramente non oggetto di analisi in questo articolo, ma certamente se la tesi dell'analisi della "cronistoria legislativa" è quella valida, come probabile, allora è indubbio che i vari "Enti Statali" hanno dimostrato negli ultimi anni con estrema certezza di voler tutelare i Condòmini "virtuosi" ed in regola con i pagamenti nei confronti di quelli invece "morosi" (famosissima la sentenza della Cassazione a Sezioni Unite n. 9148 del 2008), il Comma dell'Art. 63 citato proprio nelle prime righe di questo articolo sembrava essere chiarissimo in tal senso, mentre, come abbiamo visto, nella realtà così non è, semplicemente i creditori hanno intrapreso strade "diverse" rispetto a quelle previste, bypassando le nuove regole. A proposito del pignoramento del Conto Corrente i Tribunali di Reggio Emilia e Milano con recentissime ordinanze sembrano dar ampia ragione ai creditori: secondo gli uffici giudiziari citati è infatti da ritenersi legittimo il pignoramento presso terzi del conto corrente condominiale effettuato dal creditore della compagine; i giudici hanno anche sottolineato il perché sostenendo che benché sia diffusa in giurisprudenza la tesi della sostanziale assenza in capo al condominio di qualunque soggettività e/o autonomia patrimoniale e la ricostruzione di esso in termini di mero ente di gestione, è innegabile che, nelle ipotesi in cui la gestione è effettiva, il condominio si atteggi quale centro autonomo di imputazione di posizioni giuridiche; insomma per i giudici estensori il condominio è comunque giuridicamente autonomo dai suoi partecipanti, sia pur senza che ciò voglia dire essere soggetto di diritto al pari di essi ed ancora siccome il condominio è un centro d'imputazione distinto dai suoi partecipanti e questo centro d'imputazione ha un proprio organo decisionale (l'assemblea), ne discende che una volta effettuato il versamento delle rate le somme escono fuori dalla disponibilità dei singoli e quindi: è il condominio a dover essere considerato un debitore e come tale è legittima l'azione esecutiva mossa dal creditore nella forma del pignoramento del conto corrente condominiale. Pare ovvio a questo punto che l'Articolo 63 risulti pressoché inutile, anche perché, se negli anni passati il pignoramento del Conto Corrente condominiale non era molto diffuso, in quanto forse i creditori non sempre potevano essere certi che esso fosse in essere, ora, visto l'obbligo dell'esistenza di tale conto, giustamente imposto dalla stessa normativa, non possono avere più dubbi ed hanno la certezza di poter "andare sul sicuro". A mio parere (e non solo) aggredire il conto corrente condominiale vuol dire aggredire il patrimonio dei singoli condòmini, ivi compresi quelli in regola con i pagamenti, soprattutto perché l'effetto, come abbiamo visto, per questioni di tempismo (evitare il distacco delle utenze perché impossibili da pagare con il conto bloccato) è quello di costringere nell'immediato i soliti "virtuosi" a dover "scucire" ulteriore capitale; diciamo che, leggendo l'Art. 63 come inizialmente interpretato dalla quasi totalità degli esperti di dottrina condominiale, quanto meno il pignoramento sembrerebbe essere possibile nella misura in cui sul conto corrente condominiale fossero presenti somme dei condòmini morosi (cosa peraltro almeno "rara") e non per importi superiori ai capitali agli stessi riconducibili; ma purtroppo i Tribunali ad oggi sembrano pensarla in modo diverso. Fatto sta che, nella pratica, ad oggi a causa della sempre più frequente e probabile "chiusura dei rubinetti" o del pignoramento del conto corrente qui trattato, i soliti "virtuosi" non risultano assolutamente protetti e si ritrovano a pagare "sborsando" anche, tanto per cambiare, per gli ancor più "soliti" morosi. A questo punto, se veramente il legislatore volesse tutelare i Condòmini in regola con i pagamenti, dovrebbe nuovamente mettere mano alla penna e specificare che il conto corrente condominiale è solo un "luogo di transito" dei capitali dei singoli in attesa di essere "indirizzati verso" i creditori e che, prima di poter giungere alla chiusura dei rubinetti, i fornitori in possesso di questi ultimi debbano prima almeno provare ad esperire modi diversi di recupero del credito, altrimenti sarà tutto inutile; anzi la giustissima per altri versi obbligatorietà del singolo conto corrente per ogni edificio non farà che costringere i Condòmini in regola con i propri pagamenti a doversi anche sobbarcare, in tempi oltretutto molto veloci, le quote di chi non vuole o non riesce a versare puntualmente le rate; ma, abbiamo atteso la Riforma dello Statuto Condominiale almeno per 30 anni dal momento in cui si ne è resa palese l'esigenza, riusciremo ad ottenere maggiore chiarezza in tempi brevi? Francamente ne dubito e penso che per diverso tempo ci troveremo dinanzi molta confusione ed incertezza, oltre che seri rischi di stallo della gestione condominiale.