di Licia Albertazzi - Corte di Cassazione civile, sezione seconda, sentenza n. 17557 del 1 Agosto 2014.
In assenza di regolamento condominiale (il quale detta le modalità di riparto delle spese comuni) e di appositi contatori dei consumi istallati nei singoli appartamenti, è illegittima la delibera condominale che statuisce come criterio di riparto delle spese condominiali - nel caso di specie, la bolletta dell'acqua - quello della presenza o meno dell'inquilino nel proprio appartamento e non, come riporta l'art. 1123 cod. civ., quello proporzionale all'estensione abitativa.
Lo ha chiarito la Corte di Cassazione nella sentenza in oggetto, affermando che "in tema di condominio, fatta salva la diversa disciplina convenzionale, la ripartizione delle spese della bolletta dell'acqua, in mancanza di contatori di sottrazione installati in ogni singola unità immobiliare, va effettuata (…) in base ai valori millesimali delle singole proprietà, sicchè è viziata, per intrinseca irragionevolezza, la delibera assembleare, assunta a maggioranza, che (…) esenti al contempo dalla contribuzione i condomini i cui appartamenti siano rimasti vuoti nel corso dell'anno".
Nel caso di specie alcuni condomini contestano la legittimità della delibera poi annullata lamentando il fatto che le spese comuni dell'acqua sarebbero state fatte indebitamente ricadere solo su alcuni comproprietari e non su altri, scriminati per la sola circostanza di aver dimostrato di essere stati assenti dall'appartamento per l'intera durata della fornitura. La Suprema corte compie un'operazione esegetica dell'art. 1123 sopra citato, confermando che "il primo comma della citata disposizione detta un criterio per la spesa di tutti i beni e servizi di cui i condomini godono indistintamente, basato su una corrispondenza proporzionale tra l'onere contributivo e il valore della proprietà di cui ciascun condomino è titolare. (…) Se si tratta di cose destinate a servire i condomini in misura diversa, le spese sono ripartite in proporzione all'uso che ciascuno può farne". L'obbligazione assunta dal condominio trova infatti fondamento nel diritto di comproprietà sulla cosa comune e, anche se il singolo condomino non ne faccia uso diretto, possono esserci altre spese comunque collegate al mero fatto della titolarità della fornitura: ad esempio, per la pulizia dell'appartamento, per l'innaffiatura delle piante, la pulizia di parti comuni o per perdite d'acqua. Inoltre, vi è pur sempre una componente "fissa" di fornitura rappresentata dal minimo garantito quale q uota fissa per la disponibilità del servizio, indipendentemente dal consumo effettivo. Il ricorso è dunque accolto e la sentenza cassata con rinvio.
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