Farà forse discutere una sentenza pronunciata dal Tribunale di Genova - sezione lavoro (la n. 280/2014), che interviene sui limiti dell'equiparabilità di trattamento fra lavoratori assunti con contratti a tempo determinato e quelli con contratti a tempo indeterminato.
La protagonista della vicenda, assunta a tempo determinato come insegnante presso un istituto scolastico, lamentava il fatto che la scuola datrice di lavoro non le avesse concesso l'aspettativa retribuita per la frequentazione di un corso di dottorato di ricerca che copriva l'intera durata del contratto.
Ora, la normativa in proposito - il D.lgs. 368/2001, recettivo di una Direttiva comunitaria - è percorsa dall'obiettivo di realizzare la parità di trattamento fra lavoratori di ruolo e lavoratori con contratti a termine, ai quali ultimi l'articolo 6 dello stesso decreto riconosce: il diritto alle ferie e alla tredicesima mensilità, al trattamento di fine rapporto e ad "ogni altro trattamento in atto nell'impresa per i lavoratori con contratto a tempo indeterminato comparabile, e in proporzione al periodo lavorativo prestato, sempre che non sia obiettivamente incompatibile con la natura del contratto a termine". Farebbero anche parte del trattamento, in teoria, le aspettative retribuite per frequentare corsi di dottorati di ricerca - come vuole l'art. 52, comma 7, L. 448/2001. A sua volta però, la ratio di quest'ultima norma va rintracciata nella finalità di accrescere "la professionalità del dipendente inserito nei ruoli organici dell'amministrazione", in vista del rientro al lavoro del dipendente stesso. Rientro al lavoro che per la lavoratrice in questione di fatto non ci sarebbe stato.
Inoltre, il fatto che la ricorrente avesse richiesto un periodo di aspettativa praticamente congruente con la durata del rapporto di lavoro a termine era da ritenersi comunque "incompatibile con la natura del contratto" a norma dello stesso art. 6 D.lgs. 368/2001.
La protagonista della vicenda, assunta a tempo determinato come insegnante presso un istituto scolastico, lamentava il fatto che la scuola datrice di lavoro non le avesse concesso l'aspettativa retribuita per la frequentazione di un corso di dottorato di ricerca che copriva l'intera durata del contratto.
Ora, la normativa in proposito - il D.lgs. 368/2001, recettivo di una Direttiva comunitaria - è percorsa dall'obiettivo di realizzare la parità di trattamento fra lavoratori di ruolo e lavoratori con contratti a termine, ai quali ultimi l'articolo 6 dello stesso decreto riconosce: il diritto alle ferie e alla tredicesima mensilità, al trattamento di fine rapporto e ad "ogni altro trattamento in atto nell'impresa per i lavoratori con contratto a tempo indeterminato comparabile, e in proporzione al periodo lavorativo prestato, sempre che non sia obiettivamente incompatibile con la natura del contratto a termine". Farebbero anche parte del trattamento, in teoria, le aspettative retribuite per frequentare corsi di dottorati di ricerca - come vuole l'art. 52, comma 7, L. 448/2001. A sua volta però, la ratio di quest'ultima norma va rintracciata nella finalità di accrescere "la professionalità del dipendente inserito nei ruoli organici dell'amministrazione", in vista del rientro al lavoro del dipendente stesso. Rientro al lavoro che per la lavoratrice in questione di fatto non ci sarebbe stato.
Inoltre, il fatto che la ricorrente avesse richiesto un periodo di aspettativa praticamente congruente con la durata del rapporto di lavoro a termine era da ritenersi comunque "incompatibile con la natura del contratto" a norma dello stesso art. 6 D.lgs. 368/2001.
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