Pur essendo incontestata la circostanza della effettività della riorganizzazione aziendale, il licenziamento del lavoratore per motivi non basati sulle esigenze oggettive della soppressione del posto e delle funzioni, bensì sulla stessa presenza del funzionario, in quanto rappresentante la continuità rispetto alla passata gestione dell'azienda, è radicalmente illegittimo, poiché è carente il nesso oggettivo tra la ristrutturazione dell'impresa e la risoluzione del rapporto.
È quanto evidenziato dalla Corte di Cassazione (sezione lavoro), con sentenza n. 17374 del 30 luglio 2014, in una vicenda avente per protagonista il segretario generale di una società di calcio, licenziato in seguito ad un nuovo assetto organizzativo.
Rilevando che dall'istruttoria era emersa chiaramente la mancanza di causa del licenziamento in esame, giacchè non ancorato a ragioni oggettive, quali la soppressione delle mansioni svolte dal lavoratore, ma "alla finalità di interrompere la continuità della precedente dirigenza" della quale lo stesso rappresentava il ganglio operativo, sulla base dell'aspettativa
di creare, tramite la nuova figura di un direttore generale una squadra conforme al suo modo di concepire il ruolo professionale che si risolveva di fatto, nella "scelta di eliminare dalla gestione della società la stessa presenza del funzionario", la Corte d'Appello di Firenze ordinava la reintegra del lavoratore nel posto di lavoro condannando la società a corrispondergli le retribuzioni maturate dal licenziamento all'effettivo reintegro.La società sportiva ricorreva per Cassazione, sostenendo che, una volta accertata la sussistenza del giustificato motivo oggettivo del recesso, dovuto a ragioni inerenti all'attività produttiva e all'organizzazione del lavoro, i giudici d'appello non avrebbero potuto ritenere illegittimo il licenziamento basato su scelte imprenditoriali discrezionali riguardanti la necessità di realizzare un nuovo assetto organizzativo aziendale, comportante l'attribuzione di tutte le funzioni dirigenziali al nuovo direttore generale, che prendeva il posto della precedente figura del segretario generale.
La S.C., condividendo la motivazione della corte territoriale, ritenuta adeguata ed immune da rilievi di tipo logico-giuridico, ha rigettato il ricorso, rilevando tra l'altro che "a conferma della rilevata carenza di un nesso oggettivo tra la ristrutturazione dell'impresa e la risoluzione del rapporto, era risultato che i compiti del lavoratore licenziato non erano stati eliminati, ma semplicemente suddivisi all'interno della nuova squadra per la gestione amministrativa, contabile e sportiva della società", la quale non aveva neanche allegato, né provato l'incollocabilità nell'organigramma aziendale del dipendente licenziato, le cui funzioni erano state di fatto assegnate ad altri soggetti.