Coloro che credono (o sperano... ancora!) nella meritocrazia e nella Giustizia intesa nel senso più pieno del termine, rimarranno delusi - e forse un tantino indignati - da questa sentenza della Cassazione - la n. 32035/14 -, che in pratica "legittima" la raccomandazione.
Il processo di merito prendeva le mosse da delle intercettazioni ambientali nelle quali si udiva un Comandante dei Carabinieri "segnalare" a un assessore comunale il nome della propria figlia in merito a un pubblico concorso. Mentre il Comandante andava libero da pena, in secondo grado, per prescrizione del reato di abuso d'ufficio che lo vedeva imputato, l'assessore e il Segretario comunale, la Commissione di concorso e il Presidente della stessa, venivano infine prosciolti dalla Suprema Corte dall'accusa di abuso d'ufficio e falsità in atto pubblico perché - motivavano gli Ermellini -: la raccomandazione non si atteggia con comportamenti coattivi e positivi nei confronti del pubblico ufficiale, ma è un atto che lascia quest'ultimo libero di aderire o meno a un "invito". E non è la prima volta che la Cassazione si mostra così indulgente nei confronti di questo genere di pratiche (vd. sent. n. 38762/12).
Che dire: sicuramente i casi in questione non presentavano profili di perseguibilità penale, ma forse non sarebbe male se i Giudici Supremi ogni tanto stigmatizzassero l'italico ricorso all'aiutino, anziché 'derubricarlo' al rango di invito!...
Il processo di merito prendeva le mosse da delle intercettazioni ambientali nelle quali si udiva un Comandante dei Carabinieri "segnalare" a un assessore comunale il nome della propria figlia in merito a un pubblico concorso. Mentre il Comandante andava libero da pena, in secondo grado, per prescrizione del reato di abuso d'ufficio che lo vedeva imputato, l'assessore e il Segretario comunale, la Commissione di concorso e il Presidente della stessa, venivano infine prosciolti dalla Suprema Corte dall'accusa di abuso d'ufficio e falsità in atto pubblico perché - motivavano gli Ermellini -: la raccomandazione non si atteggia con comportamenti coattivi e positivi nei confronti del pubblico ufficiale, ma è un atto che lascia quest'ultimo libero di aderire o meno a un "invito". E non è la prima volta che la Cassazione si mostra così indulgente nei confronti di questo genere di pratiche (vd. sent. n. 38762/12).
Che dire: sicuramente i casi in questione non presentavano profili di perseguibilità penale, ma forse non sarebbe male se i Giudici Supremi ogni tanto stigmatizzassero l'italico ricorso all'aiutino, anziché 'derubricarlo' al rango di invito!...
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