Avv. Carolina Ferro - avv.cferro@libero.it
Il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti ed i parenti di ciascun ramo genitoriale deve essere garantito al figlio minore, a norma dell'art.337 ter del codice civile, anche in caso di separazione della coppia genitoriale.
A tal fine, la norma richiamata prescrive al giudice del processo di famiglia di adottare i provvedimenti relativi alla prole con "riferimento esclusivo all'interesse morale e materiale di essa".
In ragione di tale indicazione normativa, il Tribunale di Milano, in composizione collegiale, con decreto dello scorso 11 giugno, ha individuato una serie di criteri che consentono il rispetto delle prescrizioni dell'art.337 ter c.c., nel caso in cui vi sia richiesta, da parte di uno dei genitori, di trasferire la prole all'estero, o, comunque, a notevole distanza dall'altra figura genitoriale.
L'organo giudicante precisa che resta fin troppo ovvia la libertà delle parti di muoversi e di scegliere il luogo della residenza, al fine di realizzare le proprie aspirazioni lavorative e sociali, garantite e tutelate da leggi nazionali ed internazionali; tuttavia, tali libertà vanno contemperate con la tutela del miglior interesse del minore.
I criteri elaborati dal Tribunale di Milano per decidere in merito ad una richiesta di trasferimento all'estero del minore attengono a:
1. Analisi delle motivazioni del trasferimento del genitore col quale il figlio prevalentemente vive: egli deve avere sostanziali ragioni per trasferirsi altrove, che non possono esaurirsi soltanto in chances lavorative più remunerative o in un cambiamento di ambiente sociale, che offra al solo adulto una sicurezza di vita maggiore rispetto a quella garantita dal luogo in cui ha vissuto con la prole fino al momento della richiesta;
2. Valutazione dei tempi e delle modalità di frequentazione che il genitore, il quale intenda trasferirsi, ritiene di poter garantire alla prole ed all'altra figura genitoriale; tempi e modalità che andranno stimati sotto il profilo di una realistica fattibilità, non potendo essere economicamente insostenibili o tali da stravolgere la vita del genitore costretto o a continui spostamenti o, in alternativa, a non frequentare la prole;
3. Eventuale disponibilità a trasferirsi dell'altro genitore, al fine di mantenere la propria funzione genitoriale;
4. Verifica delle modalità con cui siano salvaguardati e garantiti i rapporti del minore con le altre figure parentali, al fine di consentire al figlio di conservare riconoscibilità e memoria della propria identità familiare e delle proprie origini geografiche, sociali e culturali;
5. Valutazione anche in prospettiva, degli effetti del trasferimento sul minore, in rapporto al suo bisogno di stabilità ambientale, emotiva e psicologica;
6. Analisi delle caratteristiche dell'ambiente sociale e familiare in cui il genitore intende trasferire il minore;
7. Considerazione dell'età dei figli, i quali, quanto più piccoli sono, tanto più vedranno compromessa la probabilità di mantenere, se non addirittura creare, un rapporto significativo con l'altro genitore;
8. Considerazione della volontà del minore, ove l'età lo consenta.
Con il decreto in commento, il Tribunale di Milano decide sulla richiesta di autorizzazione di una madre francese a trasferire il figlio minore a Parigi, sua città di origine.
La donna viveva in Italia da quando aveva cominciato la relazione di convivenza more uxorio col padre, italiano, del bambino. La convivenza era cessata pochi mesi dopo la nascita del figlio, di appena due anni all'epoca dei fatti.
A sostegno della richiesta di autorizzazione, la donna adduceva di avere perso il lavoro che aveva in Italia e di avere ricevuto una proposta di impiego da parte di un'azienda di Parigi, che le garantiva una buona retribuzione. In tal modo, anche con il sostegno morale e con l'aiuto della propria famiglia di origine, la stessa avrebbe potuto garantire una vita adeguata al figlio anche all'estero.
Il padre del bambino si era opposto, deducendo che il trasferimento a così grande distanza del figlio avrebbe ostacolato, sino a vanificarlo, il suo rapporto diretto e continuativo col bambino, stante anche la sua tenerissima età, ledendo, in tal modo, i diritti del figlio.
Alla luce dei criteri elaborati, i giudici del Tribunale di Milano negano l'autorizzazione al trasferimento a Parigi alla madre del minore, non essendo possibile, a fronte di un cambiamento così radicale da imporre alla vita del bambino, tenere in conto esclusivamente le chances lavorative e reddituali della madre. Il Collegio osserva che dalle dichiarazioni della madre emerge soprattutto la volontà di riallacciare rapporti che quest'ultima sente rassicuranti per la sua vita, indipendentemente dalle esigenze dell'ex compagno di mantenere i rapporti con il figlio e soprattutto del figlio di mantenere i rapporti con il genitore, rapporti che sarebbero sicuramente compromessi dal trasferimento all'estero, in considerazione della tenera età del figlio minore e della distanza tra Parigi e la località di residenza del padre.
Allo stesso tempo, tuttavia, il Collegio, nel determinare, con lo stesso provvedimento, l'entità del mantenimento del figlio minore, tiene in considerazione la perdita di chances della madre, che non ha potuto accettare la proposta di impiego a Parigi, e dispone un consistente aumento della somma fino a quel momento versata dal padre, in favore del figlio.
Avv. Carolina Ferro - avv.cferro@libero.it