Con sentenza n. 18356/2014, la Suprema Corte ha accolto il ricorso di quel padre che - essendosi adoperato più volte per ricongiungersi con le due figlie minori - contestava la dichiarazione di adottabilità pronunciata dal Tribunale per i Minorenni (e confermata dalla Corte d'Appello competente) sulle stesse.
Le ragazzine, sottratte alla madre - marocchina residente in Italia - per i maltrattamenti subiti da parte di questa e del di lei compagno, venivano collocate presso una famiglia con finalità adottive. Nel frattempo, però, il padre residente in Marocco tentava più volte di ottenere il visto di ingresso nel nostro Paese per poter ricongiungersi con le figlie e domandava notizie di queste presso il Consolato italiano in Marocco. E alla notizia della dichiarazione di adottabilità delle ragazze, ricorreva contro la sentenza, prima in Appello (senza successo) e poi in Cassazione.
La Suprema Corte gli ha dato ragione, poiché ha ritenuto che la condotta - provata - dell'uomo fosse incompatibile con lo stato di abbandono (presupposto necessario perché si potesse procedere all'adozione) delle minori. Lo stato di abbandono è infatti una condizione definita dalla art. 8 L.184/83 come: "mancanza di assistenza materiale e morale", e - per consolidata giurisprudenza - deve essere "grave e irreversibile".