"In difetto di un conferimento di una procura alle liti per la rappresentanza e difesa in giudizio, non insorgendo un rapporto professionale tra patrono e cliente, non è neppure consentito determinare il contenuto economico del compenso professionale, secondo le norme inderogabili di cui alla l. n. 794/1942 in materia di prestazioni giudiziali degli avvocati in sede civile".
Così ha stabilito la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 18450, depositata il 29 agosto 2014, accogliendo, sotto tale profilo, il ricorso di una cliente condannata al pagamento del compenso nei confronti di un avvocato per l'assistenza e rappresentanza prestata alla stessa in un giudizio risarcitorio promosso innanzi al giudice di pace
. La donna negava sin dal primo grado di aver conferito al professionista procura alle liti proponendo anche, in sede di appello, querela di falso. Il giudice di merito, invece, riteneva sussistente la prova del mandato professionale conferito, superando le questioni sulla regolarità della procura ad litem ravvisando l'esistenza di un contratto "di mandato professionale o di patrocinio" valido ed efficace.Per la S.C. il ricorso della donna, sul punto, merita accoglimento.
Rammentando innanzitutto che "la procura alle liti costituisce il presupposto della valida instaurazione del rapporto processuale", la Corte ha rilevato l'erroneità in diritto della motivazione del giudice di merito, osservando che mentre la procura ad litem è "un negozio unilaterale con il quale il difensore viene investito del potere di rappresentare la parte in giudizio con le forme previste dall'art. 83 c.p.c., il mandato sostanziale costituisce un negozio bilaterale (contratto di patrocinio) con cui il professionista viene incaricato di svolgere la sua opera professionale in favore della parte, secondo la schema proprio del mandato".
Conseguentemente, secondo la Cassazione, "per l'attività svolta nell'ambito del processo si richiede l'accertamento, anche di ufficio, della validità del conferimento della procura, quale presupposto per il riconoscimento dell'eventuale compenso spettante al difensore per le prestazioni da lui svolte nel giudizio stesso, non potendo l'eventuale invalidità della procura alle liti, da conferirsi nelle forme di legge, essere superata, ai fini del riconoscimento di detto compenso professionale, dal contratto di patrocinio che può riferirsi solo ad un'attività extragiudiziaria, svolta dal professionista legale in favore del proprio cliente, sulla base di un rapporto interno, di natura extraprocessuale, con il cliente stesso, rapporto ben distinto, quindi, dal mandato "ad litem"".
Testo sentenza Cassazione n.18450/2014