Come hanno recentemente precisato gli Ermellini (sentenza n. 19406/2014), l'avvocato non può stabilire il compenso della propria attività sulla base del valore iniziale di una controversia, ma deve aver riguardo esclusivamente al valore che risulta al momento in cui assume l'incarico.
Il caso di specie vedeva protagonista una società edile che aveva stipulato una convenzione con un Ente locale (un Comune) per l'effettuazione di lavori urbanistici del valore complessivo di 3 miliardi del vecchio conio.
Non essendo riuscita l'azienda a concludere l'opera nei tempi previsti, aveva avuto la necessità di incaricare un legale per giustificare i ritardi e per stipulare una convenzione integrativa con il medesimo Ente (questa volta dal più modesto valore di 340 milioni di lire).
Eseguita la prestazione, insorgeva un contrasto sulla richiesta di pagamento del compenso professionale e l'avvocato agiva in giudizio per ottenere quanto gli sarebbe spettato sulla base del valore dell'affare risultante dalla prima convenzione stipulata dalla ditta (ossia un valore di 3 miliardi di lire).
I giudici di merito accoglievano le richieste dell'avvocato e il caso finiva dinanzi alla Corte di Cassazione, dove gli Ermellini davano ragione all'azienda evidenziando che "il legale era intervenuto a lavori ampiamente iniziati e solo per giustificare i ritardi con la sottoscrizione di una convenzione integrativa tra impresa e Comune".
È dunque a quest'ultima convenzione che deve farsi riferimento per determinare il valore della controversia.