A cura dell'Avv. Barbara Pirelli del Foro di Taranto; email: barbara.pirelli@gmail.com

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Immagine di copertina: opera d'arte di Mariapaola Ceccarini- Mantova-

La Corte di Cassazione, con sentenza n.37840 del 16 settembre 2014, ha ricordato che possono bastare le dichiarazioni della vittima per dimostrare che c'è stata violenza sessuale.

Sta di fatto che questo tipo di reato generalmente si consuma senza la presenza di testimoni e tutto deve quindi ruotare sull'attendibilità delle dichiarazioni rese dalla vittima.


Senza dubbio la questione è molto delicata e comporta non pochi problemi. Il giudice in questi casi deve compiere una analisi attenta del racconto della vittima e delle circostanze indicate, considerando che potrebbero emergere contraddizioni oppure omissioni anche da parte dell'imputato.


Già in precedenza la stessa Cassazione (sentenza del 16/05/2014 n. 30563), aveva enunciato un principio analogo spiegando che quando si tratta di accertare reati di natura sessuale la deposizione della persona offesa

anche se non può essere equiparata quella di un testimone, "può essere assunta anche da sola come fonte di prova della colpevolezza, ove venga sottoposta ad un'indagine positiva sulla credibilità soggettiva ed oggettiva di chi l'ha resa, dato che in tale contesto processuale il più delle volte l'accertamento dei fatti dipende necessariamente dalla valutazione del contrasto delle opposte versioni di imputato e parte offesa, soli protagonisti dei fatti, in assenza, non di rado, anche di riscontri oggettivi o di altri elementi atti ad attribuire maggiore credibilità, dall'esterno, all'una o all'altra tesi".

Per quanto riguarda gli eventuali riscontri oggettivi la Cassazione in un precedente del 2009 (sentenza 28 aprile 2009, n. 17831)  aveva considerato rilevante, ad esempio, il fatto che la vittima avesse descritto un tatuaggio dell'autore del reato.

Da ultimo non va trascurata la documentazione medica che il Giudice può prendere in considerazione come ulteriore elemento di valutazione del caso.

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