Dott. Angelo Lucarella - angelolucarella@gmail.com
La Corte Costituzionale con la sentenza n. 1 del 2014 ha dichiarato che alcune delle norme inerenti alla elezione dei Deputati e dei Senatori della Repubblica, con l'attuale sistema elettorale c.d. "Porcellum", sono incostituzionali.
In particolare la Corte definisce illegittime alcune delle norme della legge n. 270/05 e precisamente gli artt. 4 co. 2, 59 e 83 co. 1, n.5, co. 2 del Testo Unico per la elezione alla Camera e gli artt. 14 co.1 e 17 co. 2,4 del Testo Unico per l'elezione al Senato.
È' rilevante la sentenza nella parte in cui dichiara che l'assenza di preferenza circa il nominativo del candidato costituisce una modalità di suffragio indiretto dei cittadini, la quale viola gli artt. 56,59 e 48 della Cost.
L'illegittimità normativa consiste nel fatto che la Costituzione prevede vi sia mandato diretto tra rappresentati e rappresentanti e che il voto sia espresso nella segretezza e nella personalità che costituzionalmente lo caratterizzano.
Secondo la Corte Costituzionale, infatti, il "Porcellum" avrebbe consentito, vista la presenza delle liste bloccate senza preferenze, una modalità di suffragio indiretto che sottrae di fatto all'elettore la facoltà di scegliere l'eletto, rendendo il voto non libero e non personale.
Il passo della sentenza parla chiaro: "alla totalità dei parlamentari eletti, senza alcuna eccezione, manca il sostegno dell'indicazione personale dei cittadini, che ferisce la logica della rappresentanza consegnata nella costituzione".
Sulla scorta di questa massima il dibattito costituzionale si è acceso e diversi tra i più autorevoli costituzionalisti italiani parlano di sentenza "legislativa" o sentenza "sostitutiva" od addirittura di sentenza "delegittimatoria" della politica.
Dall'analisi emerge un dato certo: qualunque sia l'effetto socio-politico-giuridico che deriverà dalla sentenza in esame, si constata che non è il sistema proporzionale ad essere illegittimo, ma piuttosto l'esistenza di un assetto rappresentativo della politica che non vede più nella forma elettorale vigente la propria legittimazione legislativa anche in ottica di governabilità. Questo però, come ben dice la sentenza in chiusura, non può pregiudicare la funzionalità delle Camere vigenti poiché "Organi costituzionalmente necessari ed indefettibili e non possono in alcun momento cessare di esistere o perdere la capacità di deliberare".
In conclusione, la Corte Costituzionale, cercando di indirizzare il legislatore per il futuro, dice che sussistendo una impossibilità reale di scelta del nominativo del candidato da parte del cittadino si viola il principio del mandato diretto di rappresentanza, il cui voto rappresenta altresì una violazione del principio fondamentale di eguaglianza, atteso tra l'altro il diverso premio di maggioranza tra le due Camere.
Quest'ultimo passaggio sul premio di maggioranza, differente per le due Camere, secondo la Corte "produce l'effetto che la maggioranza in seno all'assemblea del Senato sia il risultato casuale di una somma di premi regionali, che può finire per rovesciare il risultato ottenuto dalle liste o coalizioni di liste su base nazionale, favorendo la formazione di maggioranze parlamentari non coincidenti nei due rami del Parlamento, pur in presenza di una distribuzione del voto nell'insieme sostanzialmente omogenea".
Tale ultima proposizione impone una riflessione: ci si chiede se una legge elettorale maggioritaria, con soglie di sbarramento più elevate, migliorerebbe la governabilità dell'Italia (posto che il problema principale sia questo) o la peggiorerebbe dato che il nostro e' un paese dal radicamento politico-storico basato sul compromesso e dialogo di forze talvolta anche ideologicamente contrapposte e se avere in futuro un modello di governo dell'alternanza perfetta consentirebbe di risolvere la eterogeneità interna dei governi.
Sembrerebbe a questo punto che, così come concluso da autorevoli costituzionalisti all'indomani della sentenza, il problema principale e propedeutico da affrontare e risolvere, in ottica di governabilità, non sia la forma della legge elettorale, salvo la questione sulle preferenze, ma piuttosto la capacità di legiferare della politica; quest'ultima inderogabilmente da rafforzare, prima che con una legge elettorale, con l'innalzamento probabilmente della qualità dei rappresentati, la quale deve avere una più certa e serena legittimazione socio-elettorale.
Dott. Patr. Leg. Angelo Lucarella - angelolucarella@gmail.com
Testo della sentenza della Corte di Costituzionale n. 1/2014Vedi allegato