A stabilire l'inespropriabilità della prima abitazione nei procedimenti per il recupero forzoso dei crediti nei confronti dell'Agenzia delle Entrate, era stato in realtà il c.d. Decreto del Fare (D. lgs. 69/2013). Ma quasi contestualmente, il Ministero dell'Economia e delle Finanze era intervenuto per specificare che la norma in questione non aveva efficacia retroattiva, e pertanto non era suscettibile di applicazione nei processi già avviati alla data del 21 giugno 2013.
La posizione espressa ora dagli Ermellini estende, invece, l'impignorabilità di tutte le prime case - purché non si tratti di immobili di lusso - a tutti i procedimenti esecutivi intrapresi da Equitalia per conto dell'Agenzia delle Entrate - indipendentemente dalla data di entrata in vigore del provvedimento -, motivando che: "la norma disciplina il processo esecutivo esattoriale immobiliare, e non introduce un'ipotesi di impignorabilità sopravvenuta del suo oggetto" perciò "la mancanza di una disposizione transitoria comporta che debba essere applicato il principio per il quale, nel caso di successione di leggi processuali nel tempo, la nuova norma disciplina non solo i processi iniziati successivamente alla sua entrata in vigore, ma anche i singoli atti di processi iniziati prima".
Pertanto, il Fisco non potrà più trovare soddisfazione dalle abitazioni classificate come prima casa. Per poter beneficiare della disposizione favorevole, la "prima casa" deve essere la sede in cui il contribuente sottoposto a processo esecutivo dimora stabilmente ed effettivamente. Restano esclusi gli immobili accatastati come beni di lusso.