Le 211 pagine di motivazioni della sentenza 38343/2014 spiegano perché i responsabili del disastro della Thyssen-krupp - con tutta probabilità - non vedranno aumentate le pene inflitte loro in appello.
Lo spaventoso incendio scoppiato nello stabilimento torinese della nota industria siderurgica tedesca nella notte fra il 5 e il 6 dicembre 2007 costò la vita a 7 operai, e ustioni importanti a un ottavo (Antonio Boccuzzi, oggi parlamentare Pd, l'unico sopravvissuto al rogo), ma per la Cassazione non fu la conseguenza di alcun delitto doloso. Secondo gli Ermellini, gli imputati - l'ex amministratore delegato
Harald Espenhahn, e altri alti dirigenti - sono tutti responsabili per una «cooperazione colposa» nelle condotte criminose, per il fatto cioè di non aver posto in essere tutte le cautele antinfortunistiche del caso, che quasi certamente avrebbero evitato la tragedia. Ciò li rende colpevoli dei reati di: rimozione volontaria di cautele contro gli incidenti, incendio e omicidio colposi, ma non punibili a titolo di dolo - seppur eventuale - come avevano deciso i Giudici di primo grado. Tale convincimento trae origine dall'osservazione che «la holding aveva avviato una decisa campagna di lotta senza quartiere al fuoco. Espenhahn era un importante dirigente, al quale era stato affidato un ruolo di grande rilievo: nulla induce a ritenere che egli abbia scientemente disatteso tale forte indicazione di politica aziendale». L'Alta Corte ha dunque rinviato gli atti del procedimento alla Corte d'Appello di Torino, disponendo la celebrazione di un nuovo giudizio di secondo grado per la rideterminazione delle pene.Nell'attesa di sapere cosa stabilirà il prossimo processo, la pronuncia della Cassazione lascia interdetti e sconfortati i familiari delle vittime, i quali ritenevano già troppo lievi le precedenti condanne e temono ora una revisione al ribasso delle stesse.