Odissea giudiziaria finita per Raniero Busco, assolto in via definitiva con la sentenza n. 39220/2014, dall'accusa di aver ucciso l'allora fidanzata Simonetta Cesaroni. Le motivazioni della decisione della prima sezione penale della Corte di Cassazione, depositate lo scorso 24 settembre, chiariscono perché Raniero Busco non è perseguibile per il delitto di Via Poma.
Secondo i Supremi Giudici, la sentenza di appello emessa in data 27 aprile 2012 "dimostra la insostenibilità" dell'attribuzione "a Busco dell'origine salivare del Dna presente sui capi di vestiario repertati".
Non solo infatti non è dimostrato che il segno sul seno della povera ragazza sia riconducibile all'imputato, ma non c'è prova nemmeno che si tratti di un morso, dal momento che: "l'unico professionista che aveva esaminato il cadavere, non aveva affatto affermato con certezza che quei segni fossero stati prodotti da un morso, né in sede di verbale autoptico, né in sede di escussione dibattimentale".
Resta in ogni caso l'amarezza per l'impossibilità di risolvere un mistero e di restituire giustizia e un minimo di conforto alla famiglia della sfortunata Simonetta. A distanza di oltre un ventennio (durante il quale alcune parti processuali sono anche venute a mancare (vedi il portiere dello stabile Pietrino Vanacore, scomparso nel marzo 2010 in concomitanza alla riapertura del processo) - e visto il precario stato di conservazione dei reperti -, sarebbe forse troppo ottimistico pensare che le indagini scientifiche possano condurre a nuovi risultati. Anche se è doveroso continuare a cercare.
Qui sotto il testo della sentenza.
Testo sentenza Cassazione n. 3922/2014 su delitto Via Poma