di Angelo Casella
L'usucapione da parte del comproprietario della quota spettante ad altri contitolari è comunemente ammessa dalla dottrina e dalla giurisprudenza in correzione del principio per il quale l'usucapione è l'acquisto, da parte di un terzo, della cosa altrui.
Nella pratica, peraltro, si cerca di stiracchiare questa possibilità teorica, per applicarla anche ad una inedita usucapione parziale.
Vediamo. Tizio e Caio sono comproprietari al 50% di un fondo. Tizio, per proprio comodo, decide per suo conto di occuparne il 60%, e lo delimita con recinzione. Caio, già anziano, lascia correre in attesa di sistemare la cosa in sede di divisione.
Eventi diversi (malattia di Caio, contenziosi vari, ecc.) trascinano la situazione oltre i canonici 20 anni.
A questo punto, Tizio chiede la divisione giudiziale pretendendo il riconoscimento per usucapione di quel 10% da lui (abusivamente) occupato in più.
Tralasciamo l'ipotesi che Caio possa dimostrare la sua tolleranza all'abuso di Tizio (escludendo così l'usucapione) e consideriamo il problema in astratto, sotto il profilo dei principi che reggono l'istituto.
Il primo aspetto da prendere in considerazione è la natura e la tipologia del possesso preteso da Caio ad usucapionem.
Nella proprietà indivisa, il possesso della cosa comune, fa capo egualmente a tutti i comproprietari e concerne ogni frazione della cosa stessa.
In effetti, questo compossesso è conseguenza e derivazione diretta della contitolarità del diritto di proprietà.
Ed infatti, del tutto correttamente, è comunemente riconosciuto che ogni contitolare possa reagire con azione possessoria ad eventuali atti lesivi commessi da terzi, quale che sia la porzione del bene interessata dalla aggressione del terzo.
E' ovvio, infatti che, prima della definizione formale sancita dall'atto di divisione, ogni contitolare è proprietario di ogni frazione del bene comune ed il possesso è riferito - per ognuno di essi - all'intero bene. Se l'estensione del diritto di ciascuno è da definire con l'atto di divisione, altrettanto avviene per il relativo possesso.
In queste condizioni, nessuna rilevanza, ai fini della modifica della estensione del diritto, può assumere l'estensione della detenzione verificatasi in concreto. Proprio perché tale diritto deve ancora essere sancito formalmente.
Il secondo aspetto attiene ad uno dei presupposti fondamentali dell'istituto: l'inerzia del comproprietario, il quale si disinteressa della cosa (tamquam non esset) e su di essa non esercita il diritto di cui è titolare.
Nel nostro caso Caio è presente ed ha un attivo rapporto di possesso con la cosa, occupandone quanta ne può. In altri termini, egli fa uso del suo diritto. Nella misura che - nella pratica - gli viene consentita. Circostanza che non incide sulla estensione del suo diritto e, quindi, sul suo possesso giuridico.
A nulla rileva che - di fatto - egli goda di una quota del bene inferiore a quella che gli spetta. Siffatta difformità tra "quantità" materiale della occupazione e "quantità" del diritto è naturale esito dello stato di "sospensione" insito nella comproprietà indivisa.
D'altronde, nel momento in cui Tizio, impedisce con la recinzione a Caio il possesso di quel 10% in più, non può invocare l'inerzia di Caio stesso in ordine a quella specifica porzione del bene.
Inoltre, prima del momento nel quale avverrà la specificazione formale e definitiva del diritto di ogni contitolare, il possesso di ciascuno di essi, come si è già visto, è generico su tutto il bene e non può quindi assumere, nei fatti, le caratteristiche proprie del possesso ad usucapionem. Essendo intrinsecamente comune, non può dotarsi della tipica caratteristica della esclusività.
In presenza del possesso giuridico di Caio, Tizio non può possedere alcunchè in via esclusiva.
Occorre considerare che il possesso ad usucapionem è un possesso caratterizzato da assenza di titolo.
Ora, il possesso di Tizio nasce, e contemporaneamente trova la sua giustificazione, in un titolo ben individuato: quello di comproprietario.
In altri termini, nella comproprietà, il possesso del comproprietario, finché sono presenti anche gli altri contitolari, non può mai essere nomine proprio (come richiesto ai fini della usucapione), bensì soltanto nel nome della comproprietà, cioè quale contitolare. E, in tale veste, non trasmutabile, non può pretendere l'acquisizione di parti del bene indiviso.
Angelo Casella