Le organizzazioni più strutturate hanno quasi sempre al loro interno un cosiddetto "crisis team", ossia un comitato di comando che si attiva in caso di emergenza. Il team è di norma costituito dai rappresentanti dei vertici aziendali, dal Responsabile della comunicazione, dal Responsabile dell'Ufficio Legale, dal Capo addetto stampa e dai referenti aziendali delle aree di vulnerabilità coinvolte in una data situazione.
Il gruppo di crisi, ha lo scopo di prevedere ed esaminare i rischi nonché di stabilire le più adeguate modalità di intervento, in un modo il più possibile organico e tempestivo.
Tuttavia, non tutte le organizzazioni sono dotate di un team preposto a tale funzione e quando si trovano a dover fronteggiare un evento di crisi, spesso sono proprio i legali ad essere chiamati a rivestire il ruolo di portavoce. In tali circostanze, i consulenti legali sono spesso i primi a comparire nelle dichiarazioni ufficiali, ad interrelarsi con i media e a far corrispondere la posizione dell'azienda con la loro personale strategia difensiva.
Per quanto riguarda la comunicazione della crisi, l'atteggiamento di difesa legale, spesso non coincide con quello di difesa della reputazione dell'azienda. Generalmente infatti, è prassi diffusa da parte degli avvocati suggerire ai vertici e al management aziendale di mantenere il riserbo, puntando sul fatto che, in assenza di dichiarazioni dirette di quest'ultimi, il clamore e l'attenzione mediatica si attenuino. Al contrario, in assenza di nuove informazioni ed enunciati ufficiali, l'attenzione mediatica tende spesso a servirsi di voci e di gossip, che il più delle volte risultano ancora più dannosi per l'organizzazione stessa.
Bisogna al contrario considerare che, se una causa può avere effetti negativi sull'azienda, una crisi di reputazione può arrivare a minarne la sopravvivenza stessa. In questi casi, dunque, il rischio "immobilità" da panico all'interno dell'organizzazione è un'evenienza frequente ma del tutto sconsigliabile. Al contrario, l'informazione andrebbe gestita in modo corretto e mai negata, in quanto non comunicare, spesso fornisce ad altri (competitor in primis) l' occasione per comunicare la loro versione dei fatti.
Indispensabile si rivela anche la tempistica: risulta infatti di estrema importanza reagire in tempi molto rapidi. Le prime ore sono le più decisive, anche considerando la velocità di diffusione dell'informazione sul web.
Ma come gestire dunque la comunicazione di crisi in modo corretto?
Una delle regole fondamentali di una comunicazione efficace consiste nell'accettare di farsi carico pubblicamente di quanto accaduto. Ciò non significa assumersi la responsabilità davanti alle Autorità o ad un giudice, bensì prendere a cuore quanto sta accadendo all'interno o a causa della propria organizzazione. L'opinione pubblica, infatti, nutre l'aspettativa che le organizzazioni si comportino in modo responsabile, limpido e coerente, di conseguenza, mostrare partecipazione, interesse ed empatia è un'altra strategia che può rivelarsi utile per stabilire un rapporto emotivo con il pubblico.
E' inoltre utile sottolineare che i media si muovono su logiche del tutto differenti rispetto a quelle dei Tribunali. Per la stampa e il pubblico, infatti, il silenzio, il chiamarsi fuori dai fatti o il fornire dichiarazioni tardive, equivalgono ad una sorta di conferma delle accuse o, ancora peggio, ad un generale disinteresse per quanto accaduto.
Per questo è bene che gli avvocati conoscano i rischi connessi ad una cattiva gestione della comunicazione in caso di crisi e che, con i referenti della comunicazione aziendale, possano concordare le migliori strategie per promuovere le esigenze di entrambi.